Risolto dalla Dda di Palermo e dal gruppo di investigatori che danno la caccia al latitante Matteo Messina Denaro, l’omicidio di Salvatore Lombardo, ammazzato a Partanna nel 2009. Eseguiti due fermi. Si incrina il sostegno al capo mafia belicino ricercato dal 1993
Sarebbe andato a rubare laddove non doveva proprio farlo. Salvatore Lombardo, 47 anni, pregiudicato, fu ucciso a Partanna nella serata del 21 maggio 2009 perché sospettato di avere sottratto un carico di merci destinate al supermercato Despar dello stesso centro belicino. Era andato a rubare “a casa” di un capo mafia, Domenico Scimonelli, arrestato poche settimane addietro nell’ambito dell’operazione Ermes. Indiziati del delitto Lombardo nelle scorse ore i poliziotti delle Squadre Mobili di Trapani e Palermo, dello Sco, ed i carabinieri del Ros e del reparto operativo provinciale di Trapani, hanno fermato Nicolò Nicolosi, 44 anni, di Calatafimi e Attilio Fogazza, 44 anni di Salemi. Un colloquio tra due soggetti intercettati nel recente periodo, perché sospettati di far parte del clan mafioso del latitante Matteo Messina Denaro, hanno tradito i retroscena dell’omicidio. Nicolosi era stato già arrestato nel 2010 e da poco tempo era tornato libero, Fogazza non è stato mai raggiunto da provvedimenti giudiziari. Il fermo su ordine della Procura antimafia di Palermo (indagini coordinate dal procuratore aggiunto Teresa Principato e dai pm Marzella e Grassi) è stato eseguito dal gruppo investigativo che dà la caccia al latitante Matteo Messina Denaro. Indagini quelle su questo delitto che dopo una conclusione senza un nulla di fatto, hanno ripreso vigore mentre, in particolare i poliziotti della Mobile di Trapani ed i Carabinieri del reparto operativo provinciale, gli investigatori sono tornati a indagare sulla ricostituzione della guida dei mandamenti mafiosi di Salemi e del Belice. Chiacchere in libertà tra due sospettati che hanno fatto scoprire movente ed esecutori del delitto Lombardo. Lombardo con una scusa quella sera fu trattenuto in un bar di Partanna e nel frattempo arrivarono i killer, a volto scoperto, lo colpirono senza pietà, seguendo “una perfetta azione militare”. Il dialogo intercettato assieme ad altri elementi investigativi raccolti hanno dunque permesso alla Dda di Palermo di far luce sul delitto. Ma non solo. Le parole in libertà dei due sospettati hanno fatto cogliere malumori pesanti nei riguardi del latitante Matteo Messina Denaro. Scenari che dimostrano come il clan una volta vero e proprio zoccolo duro si va incrinando. C’è una certa insofferenza che comincia a crescere dentro la cosca belicina: “ti fanno fare lo sciacquino, tutte cose senza mangiare né bere ti arrestano .. te la mettono in culo .. loro si fanno i cazzi loro e tu l’hai presa solo in culo? Ma per cosa?… Ma … anche questo (Matteo Messina Denaro ndr)… che minchia fa? Un cazzo! Si fa solo la minchia sua … e scrusciu non ci deve essere… Io sono del parere che questo qualche giorno –a meno che non lo abbia già fatto- si ritira .. e gli altri vanno a fare cose a nome suo quando lui oramai non c’è più qua …. e sa dove minchia se ne è andato….minchia non c’è nessun accenno, un movimento …. niente! Cioè ..tu .. un movimento… (…) Dico .. un accenno sei presente.. O no? Niente!”.