Quei colloqui in carcere e quella mafia che non si è mai arresa

La famiglia mafiosa di Alcamo negli anni ha saputo riorganizzarsi ad ogni blitz antimafia e non si è mai arresa. È quanto emerge dall’operazione “Freezer” che ha portato all’arresto di sei presunti mafiosi capeggiati dal boss Ignazio Melodia, “punciutu” dal latitante Matteo Messina Denaro in persona.

Infatti dall’indagine emerge come già nel 2012 Diego “u nicu” Rugeri, condannato a 15 anni e 4 mesi di reclusione per reati di mafia nel dicembre del 2014, nonostante in carcere da pochi mesi continuava ad interessarsi agli affari della famiglia mafiosa, trovando tra gli interlocutori proprio Ignazio Melodia, uscito da poco dal carcere, e Salvatore Giacalone. Quest’ultimo arrestato in passato per aver fornito rifugio a vari latitanti, tra questi il killer dei corleonesi Gaspare Spatuzza e Salvatore Grigoli.

Una mafia che non molla la presa, non si arrende e continua ad interessarsi di politica, appalti e richieste estorsive, nonostante le diverse operazioni antimafia che negli anni hanno azzerato le rispettive famiglie mafiose.

Dal carcere, come scrivono gli inquirenti, Diego “u nicu” Rugeri e Michele Sottile, tramite i colloqui con alcuni familiari, mandavano messaggi inequivocabili all’esterno. I “saluti” di Ignazio Melodia arrivavano direttamente a Rugeri: “Sabato è uscito quello, […] tanti saluti dal dottore”. Lo stesso Rugeri chiedeva spesso: “Novità niente? […] ad Alcamo apposto? […] a quello lo hai visto?”

Lo stesso Melodia, commentando l’operazione Crimiso e le “frizioni” emerse all’interno della famiglia mafiosa castellammarese, dichiarò netto: “Cosa da addevi” (cose da picciotti, ndr). Diego Rugeri invece negava gli “attriti”: “in televisione … guerra cose … ci stavamo ammazzando … stavamo facendo … ma dov’erano queste cose?”

Significative anche le intercettazioni in carcere tra Michele Sottile e un familiare in cui emerge l’incontro “cu lu dutturi. […] Ci siamo fatti dieci minuti di parlare con quello di San Paolo”. Per quello di San Paolo si intende il boss castellammarese Mariano Saracino arrestato recentemente durante l’operazione antimafia Cemento del Golfo.

Appare chiaro che gli arresti e le condanne negli anni non hanno scalfito il potente mandamento mafioso di Alcamo, in particolare le famiglie mafiose di Alcamo e Castellammare del Golfo. Una mafia che non è arretrata di un centrimetro e che ha continuato la sua rete di affari.

Emerge anche il ruolo primario di Salvatore Giacalone nel cercare di avvicinare Sebastiano Bonventre, appena eletto Sindaco di Alcamo. In quell’occasione Giacalone offriva al Bonventre “protezione” da eventuali altre ritorsioni di non precisati personaggi. Fatti immediatamente denunciati dall’ ex Sindaco.

Sono anche tante le richieste estorsive nei confronti di alcuni imprenditori, alcune scoperte a seguito delle denunce delle stesse vittime. Lo stesso Melodia invitava un imprenditore alcamese a “fare un regalo” ai castellammaresi, confermando quindi anche una richiesta estorsiva avanzata da Vito Turriciano nei confronti dell’imprenditore che stava realizzando delle villette a Scopello: “Non lo sapete come vi dovete comportare quando uscite fuori paese a lavorare? Non lo sapete che dovete passare da quelli del posto?” – spiegò Turriciano.

Inoltre Ignazio Melodia cercò di imporre il “pizzo” anche a un’impresa edile di Mazara del Vallo che stava eseguendo lavori nel “suo” territorio. Molti dei summit sono stati registrati dalle microspie della DIA all’interno della cella frigorifera del negozio di frutta e verdura di Filippo Cracchiolo, anche lui arrestato, in via Ugo Foscolo.

Significativa infine l’estorsione consumata ai danni di un’impresa edile alcamese impegnata nella costruzione di villette estive ad Alcamo Marina. L’impresa, dopo aver versato complessivamente 3500 euro, avrebbe dovuto pagare anche dai 1500 ai 2000 euro per ogni villa costruita a seconda della cubatura.

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Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.