E’ uno dei retroscena della cattura dell’imprenditore ricercato per la strage della famiglia Cottarelli
Una latitanza coperta da Cosa nostra trapanese. Ne sono convinti gli investigatori della Polizia che all’alba di ieri hanno messo le manette al latitante Vito Marino, 52 anni, di Paceco. Spregiudicato imprenditore agricolo di Paceco, con una condanna all’ergastolo da scontare, era sfuggito all’ordine d’arresto spiccato nel 2016 dalla Procura generale di Milano, colpevole di essere mandante ed esecutore dell’uccisione di una intera famiglia nella loro villetta a Brescia, Angelo Cottarelli, sua moglie Marzenne Topor e il loro figlio di 17 anni, Luca. Era il 28 agosto 2006: venne fatto scempio di loro tre, uccisi sgozzati. Vito Marino era legato in affari con Angelo Cottarelli, la discussione tra i due degenerò nella strage. Marino accusava Cottarelli di avergli sottratto una ingente somma di denaro, frutto di una truffa ordita da Marino all’Unione europea. Cottarelli nell’affare ci sarebbe entrato garantendo a Marino false fatture. Lo abbiamo già raccontato ieri. Ad arrestare Vito Marino sono stati i poliziotti delle Squadre Mobili di Trapani e Palermo e dello Sco, Servizio centrale operativo della Polizia, diretti da Fabrizio Mustaro, Rodolfo Ruperti e Alessandro Giuliano. Una ricerca coordinata dalla Dda di Palermo, dal pm Carlo Marzella. Marino era nascosto in un ovile nelle campagne belicine tra Vita e Salemi. I poliziotti lo hanno snidato indagando all’interno del mandamento mafioso trapanese, dove Marino pare abbia ricevuto utili appoggi per la sua latitanza. Ma ci sarebbero anche contatti con la massoneria deviata che nel trapanese continua ad avere spiccata vitalità. E’ stato arrestato Gaspare Simone, il pastore che gli ha dato ospitalità, un pregiudicato della zona, ma adesso , in un tempo prossimo, proprio per la natura delle indagini tipicamente antimafia, potrebbero scattare altri fermi. Vito Marino a Trapani è un nome pesante: il padre, Girolamo, detto “Mommo u Nanu” fu ucciso negli anni 80 da un commando del quale faceva parte anche l’attuale latitante Matteo Messina Denaro. In poco tempo però Marino jr ha saputo riconquistare rispetto e stima nella cosca trapanese, sopratutto da quando si era messo in affari e diventato un ricco e importante imprenditore agricolo. Una corsa fermata nei primi anni del 2000 da una indagine della Squadra Mobile di Trapani su una maxi truffa da oltre 20 milioni all’Unione europea. Marino ne era il regista, aveva pronto anche il lancio sul mercato di una nuova etichetta vinicola, eloquenti i nomi dei vini, “Baciamo le mani”, “Donna Carmela” e “Malandrino”. Proprio sullo scenario della truffa avvenne il triplice omicidio dei Cottarelli. “Abbiamo messo su – ha detto il capo dello Sco Giuliano – un gruppo di lavoro ben strutturato. Abbiamo ritenuto che fosse un’attività investigativa prioritaria dinanzi ad una strage di eccezionale gravità, attribuita in via definitiva a Vito Marino”. “E’ stata un’operazione complessa – ha spiegato il capo della Mobile di Trapani Fabrizio Mustaro – che è durata un anno, e che abbiamo portato avanti grazie all’apporto della polizia scientifica che ha messo a disposizione sofisticate attrezzature”. Viveva quasi fosse un pastore, barba lunga, abiti malandati. E’ stata non facile la ricerca: i poliziotti hanno pedinato alcuni suoi familiari, ma considerata la collocazione parecchio nascosta dell’ovile non è stato semplice per i poliziotti individuare il nascondiglio, in fondo ad una vallata, in contrada San Giorgio. Vito Marino è ritenuto dagli investigatori un soggetto parecchio furbo, “lui – ha detto ancora Mustaro – è stato molto cauto e attento. Noi di più”. Nell’unico interrogatorio reso da Vito Marino dinanzi ai pm trapanesi che indagavano sulla maxi truffa ha svelato un suo vizio, quello del gioco al lotto: ha ammesso che spesso i soldi, presi dalla cassaforte dove teneva i denari della truffa, li ha spesi giocando al lotto, anche somme giocate con una sola puntata per 20 mila o 50 mila euro, inseguendo uno dei numeri ritardatari della cabala.