La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per i 16 soggetti finiti al centro dell’inchiesta “Pionica”, tra loro anche l’alcamese “re dell’eolico” Vito Nicastri.
PALERMO. La Procura della Repubblica di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per i sedici imputati nell’operazione antimafia denominata “Pionica” dello scorso marzo. I Pubblici Ministeri dott. Carlo Marzella e dott. Gianluca De Leo, sostituti procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, hanno chiesto il processo, le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, estorsione e favoreggiamento nonché intestazione fittizia di beni. Si tratta di Michele Gucciardi, Salvatore Crimi, Melchiorre Leone, Giuseppe Bellitti, Gaspare Salvatore Gucciardi, Girolamo Scandariato, Roberto Nicastri, Vito Nicastri, Ciro Gino Ficarotta, Leonardo Ficarotta, Paolo Vivirito, Anna Maria Crocetta Asaro, Leonardo Crimi, Asaro Antonino, Asaro Tommaso, Asaro Virgilio.
L’operazione, eseguita nella notte del 13 marzo scorso dai Carabinieri del comando provinciale di Trapani, dai Ros e dagli agenti della Dia sotto la guida del procuratore Francesco Lo Voi e dell’aggiunto Paolo Guido della Dda di Palermo, permise di bloccare la riorganizzazione di Cosa nostra trapanese, in particolar modo nelle zone di Vita e Salemi.
A finire sotto la lente degli inquirenti il nuovo controllo delle filiere agricole e commerciali, all’ombra del boss latitante dal 1993 Matteo Messina Denaro. Dalle intercettazioni racconta dai carabinieri emerge che a Messina Denaro sarebbero arrivate grosse somme di denaro per favorire la propria latitanza.
Per i fratelli Roberto e Vito Nicastri, quest’ultimo definito nel 2014 “lord of the winds” dal Financial Times, le accuse riguardano l’aver messo a disposizione dell’associazione mafiosa, senza però prendere parte alla stessa, le proprie risorse economiche e imprenditoriali, ponendo in essere una serie di condotte rivolte a favorire l’organizzazione mafiosa nell’acquisizione, in modo diretto e indiretto, della gestione o del controllo di attività economiche. In particolare per i Nicastri, entrambi agli arresti domiciliari, l’accusa riguarda l’aggiudicazione all’asta, da parte di Roberto (aggiudicatario formale) e di Vito (co-aggiudicatario di fatto), di circa 60 ettari di terreni agricoli a Santa Ninfa, successivamente rivenduti alla VIEFFE soc. agr. (azienda sequestrata e poi dissequestrata) con l’accordo e la collaborazione di Gucciardi Michele, Leone Melchiorre ed altri soggetti per un valore quadruplicato, oltre a somme di denaro in nero non quantificabili, consentendo all’organizzazione mafiosa di infiltrarsi nella speculazione immobiliare. Il prezzo di vendita reale dei terreni, quindi, sarebbe stato notevolmente superiore a quello dichiarato negli atti notarili e la differenza, pari a oltre duecentomila euro, sarebbe stata incassata dagli uomini di Cosa Nostra. Inoltre Nicastri avrebbero fatto pervenire tramite Gucciardo Michele delle somme di denaro alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, destinata, secondo gli inquirenti, proprio al boss Matteo Messina Denaro. Secondo i pm che hanno condotto le indagini, quindi, Vito e Roberto Nicastri avrebbero commessi i fatti agevolando l’associazione mafiosa Cosa nostra. La “busta con i soldi” non quantificabili, sarebbe stata consegnata nel 2014 a Lorenzo Cimarosa direttamente da Michele Gucciardi e poi consegna da Cimarosa a Francesco Guttadauro, l’unico che poteva consegnarli al latitante.
Tra le parti offese ci sono anche l’associazione Antiracket e Antiusura Alcamese difesa dall’Avvocato Davide Bambina e l’associazione nazionale per la lotta contro le illegalità e le mafie Antonino Caponnetto, difesa dall’Avvocato Alfredo Galasso.
Il GIP del Tribunale di Palermo ha fissato l’udienza preliminare per il prossimo 10 gennaio 2019.