Non paga la cocaina, il boss ordina di gambizzarlo. Il piano di morte sventato dai Carabinieri

Giovane di Mazara del Vallo acquista grossa partita di cocaina per smerciarla nel territorio trapanese, ma non paga. Così il boss mafioso di Balestrate emette la sua sentenza di morte

Scalici Alfonso – Conigliaro Maurizio

BALESTRATE. La Procura della Repubblica, Direzione Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Palermo, ha sventato questa mattina un piano di morte che si sarebbe concretizzato nei confronti di un giovane mazarese che non aveva pagato una partita di cocaina acquistata due anni prima.

Vista la concreta minaccia, la Procura ha emesso questa mattina un decreto di fermo di indiziato di delitto, eseguito dai Carabinieri della Compagnia di Partinico, nei confronti di due indagati: il 69enne Scalici Alfonso di Balestrate e il 57enne Conigliaro Maurizio di Palermo. Il primo accusato di reati di associazione mafiosa, acquisto per lo spaccio di un ingente quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina ed estorsione. Il secondo indagato solo per l’acquisto dell’ingente quantitativo di sostanza stupefacente in concorso con Scalici. Entrambi questa mattina sono stati condotti presso la casa circondariale “Lorusso” di Palermo.

La ricostruzione investigativa effettuata dalla Direzione Distrettuale palermitana ha permesso di rilevare significativi elementi di riscontro sull’appartenenza di Scalici Alfonso alla famiglia mafiosa di Balestrate (inquadrata all’interno del mandamento di Partinico). In tal senso sono risultati utili gli elementi emersi anche dalle dichiarazioni rese nel gennaio 2019 da Filippo Bisconti, divenuto collaboratore di giustizia a seguito del fermo avvenuto nel dicembre del 2018 nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Cupola 2.0”.

Nelle corso delle indagini dei Carabinieri sono emersi concreti elementi circa la forza di intimidazione espressa sul territorio del comune di Balestrate da Alfonso Scalici. Tali elementi sono emersi in particolare dall’analisi delle modalità con cui lo stesso Scalici è ricorso per il recupero di somme di denaro di cui gli erano debitori vari acquirenti di stupefacente, nonché per la gestione di rapporti e la conduzione di affari con terzi. In particolare sono emersi indizi anche in relazione ad una richiesta estorsiva nei confronti di un cittadino balestratese; alla programmazione del furto di un automezzo in danno di un imprenditore di Borgetto attivo nel settore vinicolo (azione che Scalici intendeva compiere avvalendosi della collaborazione di pregiudicati contigui al mandamento di Palermo Porta Nuova). E ancora all’organizzazione della turbata libertà degli incanti nel bando di gara che il comune di Balestrate indirà prossimamente per la gestione della locale villa comunale.

Ma l’ultimo riscontro che ha spinto la Procura ha emettere il provvedimenti di fermo, è emerso della intercettazioni. Infatti Scalici stava programmando un’azione di fuoco finalizzata gambizzare, o addirittura ad uccidere, un ragazzo mazarese debitore nei suoi confronti e dei suoi fornitori palermitani, tra i quali anche il Conigliaro, della somma di 45 mila euro a seguito della cessione di 1 kg di cocaina avvenuta due anni prima. Per la risoluzione di tale problematica, Scalici aveva già programmato di avvalersi, oltre che di Conigliaro, anche di un altro pregiudicato palermitano. Ma prima, come vogliono le vecchie regole di Cosa nostra, aveva informato di tale azione violenta, per ottenere un’implicita autorizzazione, dei soggetti vicini al mandamento mafioso di Mazara del Vallo.

Ancora una volta, quindi, emerge il profondo legame tra le famiglie mafiose di Palermo e di Mazara del Vallo, non solo per il traffico di droga. Negli anni ’90, gli anni d’oro per i traffici internazionali di droga, dal porto di Mazara del Vallo passavano enormi fiumi di droga gestiti dalla mafia palermitana, soprattutto della Kalsa, e dalle famiglie mazaresi. Quella che è emersa oggi in particolare, è la forza intimidatrice e violenta di Cosa nostra, che all’occorrenza decide di tornare a sparare.

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Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.