PARTINICO – Si è svolta ieri pomeriggio la fiaccolata che ha coinvolto l’intero paese per dire no alla mafia e a tutti gli atti intimidatori che sono avvenuti in questi ultimi giorni. La partecipazione della città è stata buona e si sono stimate circa 5mila persone tra i partecipanti al corteo. In piazza sono scese tutte le associazioni di categoria e antiracket, i sindacati, la società civile, la Chiesa, e ragazzi e bambini provenienti da tutte le scuole del Comune. Grande vicinanza alla causa hanno dimostrato anche tutti i sindaci ed esponenti della Provincia dei vari partiti politici del comprensorio, che hanno preso parte al corteo.
Ma la scia di incendi dolosi di queste ultime settimane continua a colpire: proprio la notte del 16 novembre scorso, infatti, si è verificato un altro attacco incendiario. Sta volta a finire in fiamme è stata un’auto (una Mercedes Classe A) di proprietà di Giuseppe Bonomo, titolare, assieme al fratello, di una nota enoteca. Anche l’auto del fratello era già stata data alle fiamme nello scorso mese di luglio. I due sono figli del presunto boss di Partitico Giovanni Bonomo, ormai deceduto, a cui era stato espropriato un edificio in Corso dei Mille, oggi sede del commissariato di polizia. Anche l’attentato incendiario verificatosi i primi giorni di novembre, che ha visto andare in fiamme un escavatore, porta con sé l’idea che questi attentati abbiano a che fare con una guerra che coinvolge soprattutto soggetti che hanno un qualche contatto con le organizzazioni mafiose. Difatti anche in quel caso la proprietaria dei mezzi (che si è dichiarata totalmente estranea ai fatti in quanto non era a conoscenza di queste sue proprietà) Vanessa Cannavò, ha uno stretto rapporto di parentela con soggetti che presumibilmente hanno un ruolo attivo nella compagine della malavita partenicense: è figlia di Maria Giuseppa Leone finita in carcere con il compagno Antonio Geraci nipote del boss Nenè, per un presunto coinvolgimento nel ritrovamento di una piantagione di canapa indiana e 228 chili di droga.
Senza dimenticare l’attentato incendiario che ha visto andare in fumo la casa di campagna di Enzo Briganò, vicepresidente del Consiglio provinciale di Palermo, sintomo che il suo operato non è approvato dall’“alto”.
Per gli investigatori sarebbe in atto una guerra per il controllo degli appalti. Non è escluso che ci sia la volontà da parte di alcune famiglie mafiose di controllare di nuovo il territorio. Da alcune settimane alcuni componenti della famiglia Vitale sono usciti dal carcere e forse, secondo quanto sussurrano gli investigatori, starebbero ricompattando le fila.