Ancor più che il titolo è il sottotitolo a dirla lunga sul libro e sul pensiero della sua autrice, Michela Murgia, che non intende fare un panegirico della figura della Madonna, quanto piuttosto restituirle un senso di umanità e femminilità spesso sottovalutati.
La figura della donna occidentale e moderna passa, per forza di cose, per quella che religiosamente parlando è considerata la madre di Dio, dunque dell’umanità. L’esperienza di Michela Murgia nell’azione cattolica, la “militanza” come catechista nella folta schiera di giovani al servizio della parola di Dio e gli studi teologici non hanno minimamente intaccato in lei la lucidità di guardare agli affari della chiesa da credente ma con uno sguardo alternativo sui ruoli, in particolar modo su quello della Madonna. Non intende distaccarsi dalla proprio fede, non vuole prendere le distanze da ciò in cui dice di credere fermamente, ma c’è la volontà di accostarsi al pensiero cattolico con consapevolezza e criterio e magari anche con qualche dogma in meno. La Chiesa come istituzione ha, troppo spesso e per comodità, evitato di soffermarsi sul ruolo della donna e sulle sue evoluzioni tendendo a mantenere su di essa una visione immutata. Così l’autrice decide di snocciolare una gran quantità di aneddoti e “sviste” di cui la Chiesa si sarebbe servita per protrarre, come del resto è riuscita a fare, una visione della donna come passiva e sottomessa. La beatificazione di alcune donne e in specifici momenti storici dimostra proprio questo, nonchè la grande volontà di mantenere lo status quo nell’accesissimo dibattito dei rapporti di potere tra uomo e donna. A tal proposito, e senza con questo sminuire la figura della donna presa ad esempio, la Murgia racconta la storia di Gianna Beretta Molla la quale a 39 anni decide di dare alla luce la quarta figlia pur sapendo di andare incontro a morte certa. La causa di beatizzazione inizia nel 1978, non a caso l’anno in cui si discuteva e varava la legge sull’aborto, con la seguente motivazione: i vescovi implorano la glorificazione di questa sposa e madre, descrivendola come “modello di verità per questo mondo incline a fraintendere e confutare il diritto alla vita.” Nulla da eccepire sulla scelta, personalissima e giustissima in quanto tale, della donna in questione; ma quando accadrà che la Chiesa riconosca ad una donna la stessa dignità che le riconosce solo se madre amorevole, sposa devota o pia suora?