TRAPANI – Questi ultimi anni sono stati tra i più difficili della Diocesi di Trapani. Nel 1997 muore il Vescovo di Trapani, Domenico Amoroso, a soli 70 anni. Il Vescovo fu apprezzato per la sua provenienza salesiana e la sua propensione verso i giovani. Nel 1998 prende il suo posto Francesco Miccichè, nato a San Giuseppe Jato, consacrato vescovo nel 1989, a soli 45 anni (il più giovane vescovo d’Italia). La sua nomina episcopale è stata fortemente voluta dal discusso arcivescovo di Monreale, Salvatore Cassisa, di origine trapanese. Sin dal suo insediamento, Miccichè cerca un ruolo primario in tutti gli ambienti della diocesi, da quello sociale a quello politico.
Nel 1999 crea il progetto “Erice, montagna del Signore” per la valorizzazione dei beni culturali, oltre a tantissime chiese restaurate nella diocesi. Poi, arrivano gli anni peggiori per la chiesa trapanese: le pesanti accuse sul presunto ammanco nel 2007, scaturito dalla fusione della fondazione “Campanile” con l’altra denominata “Auxilium”; la nomina del cognato del Vescovo a capo dell’Auxilium; i dissidi interni con l’ex direttore amministrativo della curia; l’intervento della magistratura sulla diocesi; la sospensione di Ninni Treppiedi; la richiesta papale al Vescovo di Mazara di indagare sulla situazione nella diocesi di Trapani e, infine, le querele del Vescovo nei confronti di un presunto complotto mediatico contro di lui.
Molti si interrogano sul futuro della chiesa trapanese, auspicando un passo indietro di Miccichè per calmare le acque e ridare fiducia a tantissimi fedeli intorpiditi da queste vicende. Un giorno Miccichè in un suo discorso invitò “la chiesa ad aver più coraggio“. E’ possibile che per rispetto verso la propria religione e del ruolo che ricopre, possa pensare a dimettersi? Ad oggi forse è l’unica soluzione per rilanciare la chiesa trapanese e riavvicinarsi alla sua comunità.