Il futuro dell’Italia appare sempre più nero, basta prestare attenzione ai messaggi che filtrano dalla tv tra uno spot e un fiorello. Gli indicatori economici infatti danno segnali davvero preoccupanti, per non dire definitivi. Si tratta di un declino ormai ineluttabile che coinvolge ogni settore della nostra economia, della grande come della piccola industria, la prima non più in grado di competere a livello internazionale senza l’aiutino della svalutazione della lira sui mercati, la seconda strozzata dalle banche sempre più ingorde di capitali e di azioni, oltre che a loro volta a corto di liquidità. Anche la cosiddetta cura Monti ha mostrato immediatamente i suoi limiti che sono quelli di un grande rigore per non farci chiudere le porte in faccia dall’Europa, ma a costi che saranno altissimi.
I dati macroeconomici che ci vengono dall’Istat sono sempre più penalizzanti, con percentuali negative della produzione industriale e un PIL che si preannuncia bloccato nei prossimi anni. Un fantasma si aggira per tutti i canali televisivi, dal nome di STAGNAZIONE dell’economia.
Siamo a tavola e commento con mia moglie che i giornalisti non hanno il coraggio di dire fino in fondo la verità, la nostra economia non ha speranze di rilancio e perciò non c’è possibilità di abbassare le tasse. Il che significa che la domanda interna rimarrà bassa, mentre per incentivare le esportazioni si chiederanno altri sacrifici ai lavoratori.
Mia figlia Elena, di solito poco incline a degnarci della sua preziosa attenzione durante il pranzo, stavolta interviene anche se non direttamente interpellata, affermando che il mio modo di pensare è stereotipato e sorpassato. Che bisogna smetterla di guardare alla crescita economica come l’unico aspetto rilevante, anche se l’anno prossimo il PIL non dovesse aumentare non se ne faccia un dramma.
Anche se non capisco dove vuole andare a parare, cerco di controbattere con cautela e di non assumere arie da professorino mentre le spiego che il gravoso debito pubblico costringe l’Italia ad emettere continuamente nuovo debito per ripagare gli interessi di quello pregresso. Il disavanzo nelle casse dello Stato di anno in anno non può che continuare ad aumentare per colpa degli interessi passivi. Per diminuire tale disavanzo ci sono solo due possibilità: o lo Stato aumenta la percentuale di tassazione, che però in Italia è già ai massimi storici, oppure il PIL riprende a crescere fortemente permettendo allo Stato di incassare a parità di percentuale.
Quando ti metti a spiegare con quest’aria da professorino che dice cose ovvie come se fossero delle grandi scoperte diventi fastidioso, mi gela Elena. E se lo Stato la finisse di emettere nuovi Bot e si dedicasse a redistribuire in modo equo quanto abbiamo?
Ma no, rispondo con un tono un po’ piccato, se il paese non cresce non ci saranno più risorse da distribuire a nessuno. L’equità si cerca quando si può, adesso è ora per tutti di darsi da fare senza guardare sempre a chi ha di più e chi di meno! Bisogna stare uniti e rimboccarsi le maniche per raggiungere gli obiettivi fissati dai paesi europei più virtuosi.
Non capisci, mi risponde tranquilla, che il modello proposto dai paesi europei e dai banchieri è arrivato al capolinea? Siamo prigionieri di un capitalismo cannibale e concorrenziale che ha fatto contrarre debiti a tutti con l’illusione che lo sfruttamento forsennato delle risorse li avrebbe ripagati. Ora si capisce che le risorse del pianeta stanno finendo oppure sono difese meglio dai loro paesi, quindi si cerca di sfruttare i poveri.
Mah… la mia risposta rimane sospesa, mentre interviene Marilena, mia moglie, che mi blocca consigliandomi di non proseguire la discussione solo per una questione di puntiglio; chiede invece ad Elena dove abbia elaborato tali idee, ne parlate con il nuovo gruppo di amici?
Elena risponde di si, e che comunque se ascoltassimo con un po’ di attenzione le nuove teorie che girano (ma dove girerebbero ‘ste teorie?), sapremmo ad esempio che Luca Mercalli, quello che fa il meteo a Raitre nel programma di Fazio “Che tempo che fa”, è uno dei propugnatori in Italia di “Fermare la crescita”.
Sono sorpreso dalle nuove attitudini di mia figlia e le faccio i miei sinceri complimenti per esser riuscita a tenermi testa, in quanto a Mercalli dichiaro subito di volermi informare meglio. Fermare la crescita? Che cosa può voler dire in un mondo così globale e competitivo?
Nel pomeriggio lo trovo sul blog di Beppe Grillo. Parla di una possibile “prosperità senza crescita”, di diventare “indipendenti dal petrolio”, e della cooperazione come futuro. Non è male, quasi quasi mi convince. Vi riporto qui il brano finale:
“La competitività (…) è quasi sempre l’anticamera del conflitto. E’ la cooperazione il valore del futuro, dobbiamo cooperare per usare le risorse, per produrre la minima quantità di rifiuti (…). Oggi possiamo ricostruire un mondo estremamente qualitativo sul piano del livello di vita sbarazzandoci del superfluo passando a un lusso leggero, un lusso della cultura, della conoscenza, della musica, della convivialità tra persone. Il modello di comprarsi il Suv o lo yacht è un modello socialmente conflittuale, costosissimo, che costringe le persone a lavorare molto di più. Se ce ne sbarazziamo possiamo lavorare di meno. (…) Se abbiamo meno necessità di acquistare oggetti inutili, forse potremmo lavorare tutti, ma la metà del tempo che lavoriamo adesso, quattro ore al giorno, pomeriggio o mattino libero, a seconda delle scelte, più possibilità per stare in famiglia, più possibilità per curare la propria cultura, il proprio orticello in senso veramente fisico, poter coltivare anche il proprio cibo. Questo (…) mi ha permesso di togliermi da una certa serie di circuiti di obblighi sociali basati sulla pubblicità che scava nel tuo cervello e ti dice cosa è giusto fare. Spero dunque che ci proviate anche voi e che passiate parola!”
Devo ancora studiare i riferimenti filosofici che vengono citati dal Mercalli, comunque mi pare valga la pena approfondire. Lascio il link (c’è anche il video): http://www.beppegrillo.it/2011/12/passaparola_lin/index.html#*lml4* .