Sono passati 44 anni, ma per chi c’era è passato poco: il terremoto è un’esperienza che non si può cancellare. Sono poi passati tanti anni nel tentativo di far rinascere ciò che il sisma aveva distrutto e in molti casi cancellato. Nella notte tra il 14 e il 15 Gennaio 1968 una disastrosa scossa distrusse molti paesini del Belice. Nei giorni precedenti qualche piccola scossa c’era stata, ma allora non esisteva la protezione civile, non c’erano grandi conoscenze sui terremoti e non c’era la televisione di oggi che diffonde notizie in tempo reale. In quella notte morirono 370 persone e oltre 70.000 quelle rimaste senza tetto. In una notte si scoprì che le case costruite fino ad allora erano troppo fragili e c’era da cambiare tanto. La ricostruzione prese strade diverse: S.Margherita Belice ebbe per trentanni le baracche, giovani nati e cresciuti in condizioni inimmaginabili; Gibellina risorse in un altro territorio, forse senza anima, ma con la forza della rinascita è diventata un polo culturale; e poi tutti i paesini come Salaparuta, Poggioreale, Montevago e non solo, che hanno tentato la via della ricostruzione più vicina al luogo originale. Un intreccio di storie e ricordi che in oltre quarant’anni si perpetuano e si appannano, ma non si possono certo dimenticare. Oggi e per l’avvenire il ricordo è concentrato nel “cretto di Burri”, quella colata di cemento che custodisce a mo’ di sarcofago i resti di Gibellina. Chi si trova a passare da lì, visiti il cretto e troverà il senso del ricordo.