In una sera d’inverno mi ritrovo a bussare ad un portone sconosciuto. Fuori un tempo da lupi, pioggia a tratti e un vento fastidioso che frusta gelido il viso e le mani, mentre lotto nel tentativo di non farmi distruggere l’ombrello. Finalmente un giovane viene ad aprire, cerco di presentarmi, ma lui criptico mi anticipa “non c’è bisogno di presentazioni”. Allora faccio per chiedere dove posso trovare il conoscente che mi ha portato fin lì; ancora però il giovane, evidentemente meno letargico del sottoscritto, risponde prima che io sia riuscito ad imbastire una domanda sensata, accompagnando un breve movimento della testa verso la sua sinistra con la frase “gli altri sono tutti di là”. Rimango perplesso sul modo migliore di muovermi, anche se la frase suggerisce che devo fare in fretta, se gli Altri sono già Tutti di là significa che manco solo io e che quindi non devo farli aspettare. È vero che io non so assolutamente chi mai possano essere questi Altri, ma lo stesso mi sento in colpa nel far aspettare qualcuno. Così, anche se non avevo dato per certa la mia presenza al conoscente, mi affretto verso l’altra sala del pianterreno, mi sporgo sulla soglia, saluto brevemente proprio per far presente agli astanti il mio arrivo. Seduti in un grande circolo, i convenuti effettivamente sembrano attendere con mani conserte l’arrivo di qualcuno, non penso il mio. In tutti i casi capisco che non posso levarmi l’impermeabile bagnato lì, per cui torno indietro, mi sfilo il gocciolante soprabito, ma non trovo un gancio adatto per stenderlo a smaltire la pioggia che lo ricopre. Vedo che gli altri hanno lasciato i loro cappotti su un divano dell’ingresso, ma non mi sembra il caso di bagnare la stoffa del sofà. Mi trovo imbranato a pensare di poggiarlo per terra, ma non sarebbe dignitoso; sto per approfittare della spalliera dell’unica sedia in vista, quando dalla sala accanto mi viene incontro con un sorriso un bel tomo dai lunghi capelli brizzolati che suggerisce al giovane (misteriosamente ricomparso da non so quali meandri) di portare altre sedute nella sala. Capelli Brizzolati si impossessa della sedia che avevo puntato e si dirige verso la soglia. Sotto lo sguardo vigile del giovane, non mi rimane che poggiare con noncuranza il mio bagnato impermeabile sul divano, facendo attenzione a non toccare direttamente la stoffa, ma depositandolo sui capi apparentemente i più resistenti all’umidità. Così entro nella sala accolto da un sorriso e da una spontanea attenzione alla mia seduta, mi ritrovo di fronte, anche se un po’ defilato rispetto al mio conoscente. Alcuni convenevoli, poi un silenzio sospeso, alleviato da un’ottima musica jazz proveniente da un giradischi nell’angolo. Di certo la scelta della musica mi mette a mio agio, è vero che la prendo un po’ come una tipica cosa radical chic di noi di sinistra, però meglio così. Almeno so dove mi trovo e con chi. Questa cosa che non c’è bisogno di presentazioni mi limita parecchio, vorrei chiedere chi ho davanti e non capisco la necessità di quest’atteggiamento da carbonari. Il modo di operare mi sembra decisamente esagerato, non ne vedo il motivo. Continua un certo silenzio, finché il mio Conoscente prende la parola spiegando di essere in attesa di alcuni altri amici. Un po’ di trambusto ed ecco che si fanno avanti degli altri ospiti a me sconosciuti. Tutti salutano, si scambiano sorrisi e cercano un posto dove mettersi. Mancano alcune sedute. Mio malgrado sono costretto a cedere metà della sedia alla giovane fidanzata di un Ragazzone alla mia destra, scoprendo subito dopo che per la particolare conformazione della sedia dai bordi alti, starò scomodissimo. Guardo per capire se la giovane coinquilina abbia il mio stesso problema, scoprendo che lei invece poggia l’altra natica sulla panca del fidanzato, comodamente.
Finalmente si inizia. Prende la parola un simpatico signore che fino ad ora si è limitato (se di limitazione con ciò si possa parlare) a suonare il giradischi e a gestire l’ottima musica, spiegando che non sono necessari ulteriori preamboli dato che si tratta della terza riunione. L’unica cosa che vuole sottolineare in via preliminare è che la presenza del Vicesindaco alla riunione precedente che ha dato vita a numerose discussioni, era del tutto fortuita e in veste assolutamente non ufficiale. La conoscenza personale lo aveva indotto a farlo intervenire solo come consigliere del Gruppo in formazione. Ne parte una discussione sull’opportunità di avere o no politici nel Gruppo. Un carbonaro occhialuto e dai capelli bianchi fa partire una bordata di battute caustiche sui politici di Alcamo, sull’amministrazione comunale e il senatore che la sostiene. Parla dell’idea che deve animare il Gruppo, quella cioè di essere alternativi alle logiche del sistema che vige in paese. Contro ogni forma di favoritismo politico e logiche partitiche bisogna schierarsi per il bene della comunità. Accenna anche al fatto che il costo della spazzatura ad Alcamo è troppo alto per i cittadini. Mi chiedo in base a quali conti lo affermi, ma non dico nulla, prima voglio capire di che si tratti. Il Ragazzone alla mia destra, chiede con forza una mozione d’ordine per impedire che possano in futuro spuntare altri politici nel Gruppo. La mozione viene facilmente data per approvata. Prende la parola il Conoscente che afferma la sua idea di formare un Movimento dal quale possa nascere una Squadra di Governo con la quale presentarsi alle elezioni comunali. Finalmente comincio a capire qualcosa. Altri invece ribattono dell’opportunità che ci sia il nome di un candidato forte all’apice del Gruppo che possa richiamare tanti voti. E poi magari anche il gruppo di assessori già individuato. Si discute se ai tempi della prima elezione Massimo Ferrara avesse o meno presentato la sua squadra di governo in campagna elettorale. (Davvero una disquisizione superflua, penso, ma sto zitto.)
Per fortuna in mezzo a tante chiacchiere un ragazzo più giovane dagli occhi chiari interviene con decisione chiedendo che si parli di cose concrete. Se ci si vuole presentare agli elettori, bisogna avere un programma di governo, non basta dire siamo contro Papania. Quindi occorre individuare quali siano i problemi o ciò che non va ad Alcamo. Ognuno ci pensi su e la prossima volta si discuterà delle singole questioni, cercando delle soluzioni condivise. Sulla base di queste si dovrebbe stilare un programma.
Occhiale Caustico però recepisce solo la questione Papania, e replica che non è facile dire in pubblico che non appoggerà il senatore alle prossime comunali. Non ci sono tanti disposti a mettere la faccia su un messaggio del genere. La gente si spaventa delle conseguenze, sostiene; un domani se lui è sindaco ti manda contro la guardia di finanza a controllarti l’azienda, se ti schieri contro di lui. (Mi sembrano fantasie, ma chissà.)
Il Pubblicitario del Gruppo prende la palla al balzo e propone un video su Youtube in cui tanti ragazzi e normali cittadini di Alcamo dicono, mettendoci la faccia, “IONONVOTOPAPANIA”. Sarebbe dirompente per la mentalità corrente.
Entra in scena un nuovo soggetto, un veterano della politica, ex giovane sinistrorso, che svia definitivamente il discorso da ogni argomento concreto di costruzione del programma. Racconta di come i partiti maggiori inseriscano sistematicamente nelle liste civiche alcuni loro candidati, “in incognito” per così dire. Se la lista rischia di raggiungere un numero di voti sufficiente esprimere uno o due consiglieri, all’ultimo momento “calano” due o trecento voti sul loro nome e fanno salire chi vogliono per quella lista civica. Poi chiaramente quello si apparenta con il partito.
Con ciò la riunione (ulteriormente depressa oltre che dalla mancanza di idee anche dalla difficoltà di scontrarsi con la realtà politica) si dichiara aggiornata per sopraggiunta ora di cena (si sa che i pasti da noi sono sacrosanti).