Il porto di Castellammare ancora fermo: è sempre più un’illusione.

Il tempo passa per tutti, anche per il porto di Castellammare. Fermo, in avanzato stato di “decomposizione” dal 26 maggio 2010. Sono passati più di 2 anni, ma la situazione è sempre la stessa, anzi senza giri di parole, peggiorata. In questi lunghi, lunghissimi due anni di indagini si siano scoperti tanti retroscena e tanti “attori”, noti e meno noti, che si contendevano il palcoscenico di uno spettacolo senza platea ma solo un paese che ha perso le speranze.

Cerchiamo di fare un piccolo punto della situazione. Sequestrato dalla guardia di finanza il 26 Maggio 2010 per anomalie riscontrate nell’utilizzo del cemento per la costruzione dei massi frangiflutti e delle banchine. Tutto questo confermato nel Gennaio dell’anno successivo, quando la magistratura ha accertato che il cemento utilizzato non era a norma e quindi confermando che il porto non era e non è tutt’ora in sicurezza.

Le indagini si intrecciano con quella antimafia denominata “Cosa Nostra resort” che vede come maggiore imputato Tommaso Coppola, imprenditore di Valderice, e Francesco Pace, arrestato anche lui e ritenuto boss della famiglia trapanese. Proprio durante il dibattimento è emerso che l’imprenditore Francesco Pace offrì a Tommaso Coppola la possibilità di occuparsi della fornitura per i lavori al porto. Degli stessi lavori ha parlato anche Gaspare Pulizzi, pentito ed ex braccio destro dei Lo Piccolo, dicendo che la famiglia di Alcamo, per conto di Matteo Messina Denaro, si mosse allo stesso modo per far arrivare le forniture di cemento da un’impresa di Partinico. In tutto questo non manca l’intreccio con la politica. Infatti,  l’imprenditore Tommaso Coppola, arrestato nel 2005, continuava ad occuparsi dei suoi affari tramite il nipote, Onofrio Fiordimondo, incaricato di parlare direttamente con i maggiori esponenti della politica locale. Secondo le indagini, il nipote di Coppola, parla con un senatore (secondo gli inquirenti si tratta del senatore Antonio D’Alì, allora sottosegretario all’Interno) e con il sindaco di Valderice Camillo Iovino. Tutto questo per continuare a garantire la fornitura del cemento per i lavori del porto. Onofrio Fiordimondo conferma di aver parlato con Iovino, proprio come gli aveva detto suo zio dal carcere, proprio per questo Camillo Iovino finisce indagato per favoreggiamento a Tommaso Coppola. L’unico problema è che mancano i riscontri; dalle intercettazioni a Iovino non è emerso nulla (il senatore D’Alì all’epoca parlamentare non poteva essere intercettato).

Il senatore D’Alì durante il processo afferma di essere estraneo ai fatti (tra l’altro il Comune di Castellammare del Golfo è l’unico ente locale costituito parte civile al processo che lo vede imputato di concorso esterno in associazione mafiosa). Il pm Andrea Tarondo aveva chiesto 5 anni per Tommaso Coppola e 2 anni e 4 mesi per Camillo Iovino. Nel Maggio scorso la sentenza che vede il sindaco di Valderice Camillo Iovino condannato ad un anno di reclusione, con la concessione della sospensione per favoreggiamento. Per l’imprenditore valdericino Tommaso Coppola, tre anni di reclusione. È stata inoltre esclusa l’aggravante dell’avere agito per favorire gli interessi di Cosa Nostra. Dopo la sentenza però è scattata la scarcerazione. Infatti Tommaso Coppola ha potuto lasciare il carcere, dopo sette anni, e fare ritorno a casa perché è scaduta una sua precedente condanna a sei anni e sei mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Non ha potuto beneficiare della scarcerazione anticipata in quanto nel frattempo aveva ricevuto la notifica di un ulteriore ordine di arresto nell’ambito dell’inchiesta “Cosa Nostra resort”.

C’è anche un altro nome che gira intorno a questa vicenda, è quello di Vito Tarantolo. Quest’ultimo arrestato di recente perché ritenuto prestanome di Matteo Messina Denaro e in stretti rapporti con il boss Francesco Pace e l’imprenditore Tommaso Coppola. Secondo gli investigatori, che intanto gli hanno sequestrato beni per 25 milioni di euro, l’impresa che faceva riferimento a lui (quindi nelle disponibilità di Matteo Messina Denaro) la Co.ge.ta. s.r.l, negli ultimi anni si sarebbe aggiudicata appalti per più di 50 milioni di euro. Tra gli appalti ricostruiti dalla polizia ci sono la sistemazione delle banchine del porto di Trapani e il rifacimento di quello di Castellammare del Golfo (quest’ultimo per un importo di 7.941.181,00 euro).

Situazione davvero complicata e inverosimile che non da spazio più a nessun commento. Un gioco di potere  tra uomini delle istituzioni e uomini della criminalità organizzata che sancisce ancora una volta la forza della mafia nel controllo degli appalti pubblici e nelle forniture dei materiali, soprattutto del cemento. La sua forza è stata confermata anche nella recente vicenda del porto di Balestrate, stessa sorte purtroppo di quello castellammarese (in tutto questo c’è una curiosità davvero interessante: qualche tempo fa è stato arrestato il direttore dei lavori al porto di Castellammare nell’ambito dell’operazione “Benny 2”, sul cemento impoverito proprio al porto di Balestrate. Coincidenze?).

Ma torniamo ad oggi. Nel Luglio del 2011, dopo aver assegnato i lavori ad una nuova impresa e dissequestrato in parte il cantiere, si bloccano nuovamente i lavori. Nel Gennaio dello scorso anno, in un’intervista al sindaco di Castellammare del Golfo Marzio Bresciani, parlando della ripresa dei lavori al porto, disse che i tempi di attesa erano ancora di circa 4 mesi. Ad oggi di mesi ne sono passati 13 e siamo ancora nella stessa situazione. Quanto ancora si dovrà aspettare?

CONDIVIDI
Commenti Facebook
Articolo precedenteAlcamo: il comune si adegua all’informatizzazione dei sistemi
Articolo successivoLivio Marrocco lascia FLI?
Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.