CASTELLAMMARE DEL GOLFO. La guardia di Finanza di Palermo, sulla base di un provvedimento emesso dal tribunale di Trapani, richiesto dalla Procura della Repubblica di Palermo, si è vista impegnata a Castellammare del Golfo, nel sequestro di un complesso turistico alberghiero, disponibilità finanziarie, e attività commerciali, per un valore complessivo di circa sei milioni di euro.
I beni posti sotto sequestro apparterrebbero all’imprenditore sessantaquattrenne di origine castellammarese, Antonino Palmeri, che nel 1998 era stato condannato per associazione di stampo mafioso e per danneggiamento aggravato dal metodo mafioso e, nell’anno successivo, sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per la durata di 3 anni e sei mesi, oltre al sequestro di beni immobili e quote societarie.
L’imprenditore avrebbe successivamente passato il testimone ai parenti più stretti, per garantire la crescita di un impero economico, perchè di fatto secondo le indagini portate avanti dalla Finanza, dietro ad ogni investimento gestito dai figli, ci sarebbe stata la sua mano.
La conduzione delle indagini è stata gestita dai finanzieri del Gruppo Investigazione sulla Criminalità Organizzata (GICO), del nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo che, hanno dimostrato come, in concomitanza del sequestro patrimoniale a suo tempo disposto nei riguardi dell’imprenditore, quest’ultimo abbia trasferito, solo formalmente la titolarità di società ed aziende ai figli, all’epoca poco più che ventenni, che negli anni successivi hanno compiuto diverse operazioni d’investimento.
La simulazione dei trasferimenti e quindi la riconducibilità all’imprenditore delle ulteriori operazioni aziendali poste in essere negli anni dalle società formalmente intestate ai figli, è emersa sia per l’attiva e costante partecipazione dell’uomo ad importanti atti di gestione delle aziende stesse, che ne hanno confermato il ruolo di effettivo proprietario, sia per le limitate capacità reddituali autonome dei figli al momento dell’acquisizione. In aggiunta alla diretta riconducibilità del patrimonio all’imprenditore, le indagini delle Fiamme Gialle hanno fatto emergere l’evidente sproporzione fra l’entità degli investimenti economico – finanziari nel tempo dallo stesso effettuati ed i redditi ufficialmente percepiti dal medesimo imprenditore e dai suoi figli, tale da far ritenere che il patrimonio ora posto in sequestro sia stato conseguito grazie al reimpiego di proventi illeciti.