ALCAMO – Ieri mattina presso il Centro Congressi Marconi, si è svolto il convegno conclusivo del progetto sulla legalità della scuola Sebastiano Bagolino.
Ha aperto i lavori la professoressa Giglio presentando i relatori e illustrando il percorso svolto con gli alunni; poi è stata la volta del Preside Provenza e subito dopo del vice sindaco Paglino che ha portato i saluti del sindaco. A questo punto il convegno è stato interrotto dal simpatico cantastorie Salvatore Fundarò, per riprendere con l’intervento di Salvatore Vilardi, presidente dell’associazione Antiracket di Alcamo.
Dopo è stata la volta di Lucia Calì, referente del presidio di Libera dei familiari delle vittime delle mafie e moglie di Salvatore La Porta, capo scorta del giudice Palermo che è rimasto ferito nella strage di Pizzolungo in cui persero la vita Barbara Rizzo e i suoi due figli gemelli Salvatore e Giuseppe Asta. Luci ha raccontato la sua storia, e le atrocità della strage. A seguire Liliana Riccobene, moglie di Giuseppe Montalto, che con voce tremante per l’emozione e la rabbia, racconta la storia di suo marito, assassinato dalla mafia per non aver lasciato passare un “pizzino” diretto ad un boss che si trovava in regime del 41bis.
Il coordinatore provinciale di Libera, Salvatore Inguì, ha parlato di cosa si occupa Libera e che “Incontrare i ragazzi è importante perché la mafia, in questi ultimi anni, ha cercato di dare un immagine positiva di se e noi come Libera dobbiamo far capire che i mafiosi non sono brave persone che portano lavoro, ti proteggono e che la mafia è lo stato, ma dobbiamo far comprendere che la mafia fa schifo non con gli slogan, ma portando esempi concreti e testimonianze forti come quelle di Lucia e Liliana, o con la storia del piccolo Di Matteo sciolto nell’acido dal suo padrino Giovanni Brusca” – e continua – “Non è vero che la mafia non uccide i bambini, non è vero che protegge i deboli, la mafia è interessata solo ai soldi. La mafia si combatte facendo del bene e in questo modo aiutiamo noi stessi perché ci fa stare bene.”
I discorsi sono stati interrotti dalla proiezione del video “Quasi un urlo di libertà”, che sulle note di “I cento passi” brano dei Modena City Ramblers, ha mostrato le foto delle attività svolte dagli alunni durante tutto l’anno.
Nicola Clemenza, referente FAI, federazione antiracket italiana, che ha subito un attentato incendiario solo per aver voluto costituire un consorzio: “Cosa possiamo fare noi? Ognuno deve dare il suo contributo affinché qualcosa cambi; oggi si parla di mafia grigia, più difficile da combattere, è la mafia sociale da combattere. Dobbiamo compiere gesti quotidiani come raccogliere un pezzo di carta dal pavimento e buttarlo nel cestino. Ho paura degli indifferenti, diceva Borsellino. Non dobbiamo nasconderci dietro un dito, ma fare antimafia, i rappresentanti delle istituzioni devono essere nostri amici e ci dobbiamo far passare la paura , dobbiamo usare le nostre idee come scudo e come arma contro la mafia, che invece è fatta di vigliacchi che si nascondono, mentre noi operiamo alla luce del sole. “
Infine la Dottoressa Vivona, commissario di Alcamo, ha fatto i complimenti al preside per il percorso fatto dai ragazzi e ha raccontato la sua esperienza di agente della polizia scientifica e di quando era costretta a venire ad Alcamo perché ogni giorno veniva commesso un omicidio; “Sono contenta di svolgere il mio lavoro in un territorio ostile ma che sa essere diverso e testimone contro la mentalità mafiosa e voi ragazzi dovete essere amici della polizia e non guardarli come il nemico, ma come un amico che vi protegge.”