TRAPANI. Il dirigente dell’Unione Italiana Ciechi Santo Graziano, ha inoltrato ad alcuni esponenti della Regione Sicilia, una lettera aperta per la mobilitazione dei suoi soci affinchè rivendichino quei sacrosanti diritti, che ad oggi appaiono violati, mettendo in discussione l’uso dei finanziamenti regionali da parte dell’UICI, attraverso una gestione autoreferenziale, prima che diretta verso gli assistiti, dissennata e dilapidatoria e il dichiarato numero di ciechi assistiti, oltre alla pletorica organizzazione di lavoro della stessa Unione e l’erogazione dei servizi per i ciechi, talvolta solo fittizia e sulla carta.
“Nel momento in cui i cittadini italiani e in specifico siciliani sono continuamente chiamati a sacrifici e a rinunce – spiega Graziano – non è più tollerabile il fatto che le istituzioni ascoltino solo la voce dell’U.I.C.I. come voce dei ciechi”.
Di seguito il testo integrale della lettera inoltrata agli assessori Luca Bianchi ed Ester Bonafede e ai presidenti delle commissioni Nino Dina (Bilancio e Programmazione), Marcello Greco (Cultura Formazione e Lavoro) e Giuseppe Di Giacomo (Servizi Sociali e Sanitari):
“I ciechi, è bene che le istituzioni lo tengano presente, non sono solo non vedenti. Sono prima di tutto cittadini, e come tali soffrono dei sacrifici cui sono sottoposti tutti i cittadini. Ne consegue pertanto che occorre dare la giusta priorità alle rivendicazioni della loro associazione.
La prima cosa che salta agli occhi leggendo i comunicati dell’ente è che scrivono a nome dei dipendenti! In sostanza i ciechi siciliani sono stati chiamati a mobilitarsi per difendere o per strappare più soldi possibile alla Regione per garantire il posto di lavoro dei dipendenti. È legittimo chiedersi: per quale motivo il posto di lavoro dei dipendenti U.I.C.I. deve avere la priorità rispetto a quello di cittadini licenziati perché le aziende presso cui lavoravano hanno chiuso per un qualsivoglia motivo, magari per il mancato assolvimento dei debiti da parte di Stato e Regione Siciliana?Perché mai la chiusura di un reparto ospedaliero o di un presidio di guardia medica o la somministrazione di costose terapie antitumorali devono essere ritenuti meno rilevanti della riduzione di personale di una sezione U.I.C.I. siciliana?
Perché, signori onorevoli, signori assessori, in questo momento difficile dell’economia del nostro Paese e della nostra Regione le istituzioni devono pagare le conseguenze di scelte di finanza allegra operate dai dirigenti dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti che hanno gonfiato gli organici dell’associazione sicuri che tanto la Regione avrebbe pagato? Ci permettiamo di parlare di organici gonfiati perché 50 dipendenti sono una quantità assolutamente ingiustificata a fronte dei servizi che offrono o per meglio dire non offrono le sezioni U.I.C.I., innanzi tutto, non assistono il numero di ciechi che dicono di assistere. È giunto il momento che le istituzioni smettano di assumere per buoni i dati di parte forniti dall’associazione e provvedano a documentarsi da sé prima di erogare soldi in fiducia di quanto affermato. Una volta stabilito con certezza il numero di ciechi e ipovedenti è opportuno precisare che è un falso affermare che tutti vengano assistiti: solo in minima parte ricevono assistenza. In realtà il principale servizio offerto dalle sezioni U.I.C.I. consiste nel disbrigo di pratiche pensionistiche e se mi è consentito non sempre per tutti, perché ho assistito a deroghe a questo impegno con la dicitura: “vada lei stessa agli uffici preposti o mandi un parente”.
Non è difficile comprendere quindi che salvo rare eccezioni, il disbrigo di pratica pensionistica ha luogo una sola volta nella vita del socio. Di fatto non offre altri servizi. Quando li offre sono a carico dell'”assistito” come il servizio di accompagnamento, a meno che, non vi sia un altro ente che lo rifinanzi (comune, provincia), dopo che di fatto è stato finanziato dalla Regione! Pagare tre dipendenti in sezioni come Trapani o Enna è un vero spreco a fronte dei servizi erogati, se a ciò aggiungiamo il costo per lo stato e per la società costituito dai numerosi operatori del servizio civile volontario parcheggiati negli uffici sezionali. Scarsissimi o quasi nulli i servizi erogati ai cosiddetti ultimi degli ultimi, i pluriminorati, e ciò non per mancanza di fondi, perché tale era la situazione anche in tempi di “Vacche grasse”.
Sacrosanto è invece il diritto allo studio, ma non può essere sottratto a una riflessione. Innanzi tutto detto servizio viene assicurato o per lo meno così si lascia intendere, dalla stamperia braille di Catania.
La domanda forte che occorre porsi e su cui è urgente indagare è: quanto sono utilizzati i testi braille e in largeprint prodotti dalla medesima. Come ogni azienda che si rispetti anche la stamperia cerca di incrementare la propria produttività, ma molto spesso alla medesima arrivano cospicue richieste di libri che non vengono di fatto utilizzati, vuoi per l’ingombro, vuoi per la scarsa portabilità, vuoi per il rifiuto dei soggetti di servirsene. La gratuità del servizio fa sì che molto spesso le scuole, cedendo a sollecitazioni dell’associazione o della medesima stamperia avanzano richieste di testi come semplice atto d”ufficio per nulla ponderato, proprio per il fatto che alla medesima non costa nulla.
Ovviamente non dovendosi fare pagare i costi del diritto allo studio, occorre che da parte della Regione giunga una stretta affinché la stamperia riduca le trascrizioni all’indispensabile, e scuole e locali sezioni dell’associazione ponderino con responsabilità le richieste di trascrizione, cosa che negli ultimi anni non sta succedendo affatto.
Diritto alla cultura, si legge ancora: e io mi e vi chiedo: in questo momento di spending revew, bisogna assicurare ai ciechi siciliani la lettura gratuita di ben cinque testate braille? Non è difficile immaginare come trattandosi di erogazioni gratuite la fornitura risulta incontrollata fino a rischiare di raggiungere non diciamo i defunti, anche se talvolta lo è stato, ma persino chi non leggerà mai quelle riviste. È giunto il momento di pretendere dalla stamperia braille di far pagare gli abbonamenti alle riviste. Se democraticamente il consiglio di amministrazione optasse diversamente… cerchi i finanziamenti altrove, non alla Regione; non è certo pensabile che la lettura gratuita dei ciechi possa avere la priorità su servizi che in questo momento i comuni non riescono a fornire.
Qualche riflessione la merita anche la spesa per il centro Elen Keller. Nessuno è, né dovrebbe essere, disposto a negare il valore dell’autonomia di deambulazione, personale e domestica, di un non vedente, né tanto meno quindi lo farò io. Mi sia però consentito di invitare però la Regione Sicilia, prima di erogare fondi a detto centro a documentarsi su quanto costano altre strutture analoghe, tipo quella di Scandicci.
Certamente una partecipazione eccessiva alle spese da parte dell’utente potrebbe scoraggiarne la scelta e facilitare l’azione frenante da parte delle famiglie, ma non c’è dubbio che il tutto gratis rischia di trasformare il servizio offerto in una gita o in occasione di sollazzo. Del resto, la psicanalisi e/o la psicoterapia ci insegnano che il vincolo della partecipazione alla spesa assumono importanza rilevante nell’attivare la partecipazione del paziente al percorso terapeutico.Un decentramento sul territorio valorizzando anche risorse già presenti potrebbe favorire un’ulteriore risparmio di costi, utilizzando magari personale assunto in maniera occasionale, all’interno di uno specifico progetto temporaneo anziché gonfiare organici con personale che dovrà comunque, anche per giustificare il ruolo, inventarsi compiti e/o mansioni, talvolta non necessari. Mi permetto, infine, di fornire questi elementi di riflessione, essendo un tiflologo, persona cioè specializzata nello studio e la conoscenza di problematiche legate alla cecità, essendo stato inoltre un docente e avendo operato nel campo della formazione degli insegnanti di sostegno, e, avendo svolto in fine, un ruolo dirigente all’interno dell’Unione Italiana Ciechi”.