Di Milena Vesco
In occasione di Alcart 2013, sono state esposte dal 22 al 25 Agosto in piazza Bagolino due mostre di Enrico Carimi: “Subterraneans” e “Morfeo”.
La prima mostra, come suggerisce il titolo, fa riferimento a una verità nascosta. Subterraneans è divisa in due parti: le prime tre vignette esposte raccontano di forze esterne che manipolano l’individuo, lo disgregano, se ne impossessano fino a distruggerlo completamente; gli altri tre disegni rappresentano una rivisitazione della figura omertosa ed emblematica del “non vedo, non sento, non parlo”. Invece delle classiche scimmiette, Enrico Carimi ha disegnato degli scheletri vicini a tre volti , uno senza occhi, uno senza orecchie e uno senza bocca, e ha pensato di arricchire la denuncia con la frase di Martin Luther King “Non mi spaventa la violenza dei potenti, ma il silenzio degli onesti”. “Queste immagini macabre – spiega l’artista – servono a dare un senso più drastico. Le scimmiette, secondo me, raddolciscono la reale gravità della questione”.
Più in là, invece, la mostra Morfeo. Questo percorso racconta, attraverso parole, disegni e alcune foto di Anna Abate, la storia della primavera araba, un tema ancora attualissimo che conta, fino ad oggi, circa 140.000 vittime. La realizzazione di questa opera è stata ispirata dalla storia di Mohamed Bouazizi, che rappresenta per l’artista un grande esempio di coraggio in quanto uomo arrivato a sacrificare se stesso. Il punto di partenza di Morfeo è un occhio chiuso, “rappresenta noi che spesso ignoriamo le cronache esterne al nostro stato” – precisa Enrico. Nella vignetta cinque sono rappresentati alcuni social network, simbolo dell’informazione libera e della comunicazione globale. Infatti anche grazie a facebook e twitter si è diffusa la storia di Mohamed ed altre vicende simili. Proprio dalla rete sono potuti nascere movimenti come quelli di Anonymous e Occupy Wall Street, rappresentati nella vignetta sei. “Questi movimenti appartengono al mondo occidentale, ma dobbiamo ricordarci che le nostre proteste non hanno cause tanto diverse da quelle della primavera araba”.
A chiudere l’opera è la foto di un occhio aperto che simboleggia la consapevolezza e “il sorriso sul volto della ragazza nella foto indica la speranza di un futuro diverso e migliore, la possibilità di cambiamento, uno sguardo attivo da parte di un individuo che prende coscienza della realtà”.
A fianco a Subterraneans e Morfeo, se ne stanno zitti zitti quattro disegni colorati. Si tratta della mostra “Senza parole”, a cura di Gaia Carimi, sorella di Enrico. Prima di Alcart, i due fratelli avevano collaborato per una mostra a Sciacca. “Ho capito che aveva il mio stesso desiderio di esporre il suo lavoro e da fratello maggiore mi sono sentito in dovere di rendere partecipe anche Gaia, penso che lo avrebbe fatto chiunque! – racconta Enrico sorridendo – Adesso mi sento soddisfatto anche per lei!”
Gaia spiega con tanta timidezza i disegni che ha realizzato in piena vena artistica nell’arco di uno o due giorni: “L’idea di fondo dei quattro ritratti è la comunicazione negata, l’impossibilità di esprimere liberamente i propri pensieri e le proprie opinioni. Questa mancanza di libertà di espressione è rappresentata in maniera differente in tutti e quattro i volti di diversa età e nazionalità”. Da parte sua la giovane artista non sente su se stessa il peso di questo diritto negato: “Il disegno per me è uno sfogo alla fine di una brutta giornata tanto quanto è il mio modo di comunicare e venir fuori, visto che non sono brava con le parole.”
Con simpatia salutiamo i fratelli, sperando che continuino sempre a comunicare e denunciare la realtà attraverso la loro arte.