Un fascicolo è aperto presso la Procura di Trapani a proposito di una vicenda che vede contrapposti la Sicilgesso e un piccolo imprenditore, Giovanni Palma, titolare di una cava di gesso costretto a battere la fiacca, a non poter lavorare, perché nessuno compra da lui. E’ una storia che va avanti da un po’ di tempo, e l’intervento della magistratura è scaturito per capire la ragione per la quale continua l’estrazione di gesso presso cave, diverse da quelle di Palma, che pare non potrebbero essere oltremodo autorizzate. Si tratta di impianti della Sicilgesso ai quali sarebbe concesso tutto, ma proprio tutto da parte degli uffici regionali che vigilano sulle cave e sul piano delle cave.
Nella sostanza Palma non avrebbe ceduto alle richieste di vendita, e la reazione è stata quella della sua esclusione dal circuito della fornitura del gesso. Commesse che aveva ricevuto sono state misteriosamente annullate. Ma a rendere ogni cosa ancora più inquietante il danneggiamento di un camion nei giorni scorsi: non appartiene a Palma ma ad un piccolo autotrasportatore che lavora per l’imprenditore, da quel camion sono sparite alcune cose, e proprio documenti che appartenevano a Palma compreso un binocolo che lo stesso utilizzava per guardare a debita distanza l’attività dei suoi concorrenti. Denuncia presentata e indagini in corso. Nessun legame tra il furto e le vicende delle cave sono emerse…e però, sottolinea Palma, “il furto del binocolo potrebbe essere un segnale preciso”. Quella intrapresa da tempo da Giovanni Palma è una vera e propria battaglia con la burocrazia regionale: “Ho denunciato abusi e soverchierie, un giorno andai ad occupare i locali dell’ufficio regionale competente e più volte invitai i funzionari a chiamare le forze dell’ordine per quell’abuso che stavo commettendo, ma non l’hanno fatto…sapevano dei torti commessi”. “Sono state concesse autorizzazioni all’uso di una cava da parte della Sicilgesso che a mio avviso non potevano essere rilasciate”. Palma denuncia anche una violazione ambientalistica: “L’impianto che viene oggi usato è a ridosso di una zona del territorio di Calatafimi Segesta che è soggetta a tutela…l’allargamento di quella cava è un vero e proprio scempio ambientale che però nessuno ha deciso di vedere”.
Nei giorni scorsi Palma ha presentato opposizioni a delibere approvate dal Consiglio comunale di Calatafimi. “La Sicilgesso, con la complicità degli Enti preposti al rilascio delle autorizzazioni e prospettando il tutto sotto forma di tutela dei posti di lavoro, ancora oggi riesce ad estrarre gesso da una cava che, stando alla normativa vigente, dovrebbe essere chiusa da anni; invece il 30 dicembre 2011, grazie anche al certificato di non incompatibilità ambientale rilasciato dal Comune di Calatafimi Segesta, é stata rilasciata una ulteriore autorizzazione di quattro anni e sei mesi.
Di fatto – scrive Palma nella sua opposizione – la Sicilgesso opera sul mercato in maniera sleale a discapito delle altre aziende che operano nel settore…è falso che la mia azione, cioè far chiudere questa cava perché non più gestibile per l’estrazione, metta in pericolo i posti di lavoro, i lavoratori della Sicilgessonon sono salvaguardati dalla produttività della cava di proprietà Sicilgesso e lo dimostra il fatto che in determinati periodi Sicilgesso si è rifornita di gesso da cave ubicate a centinaia di chilometri dall’impianto di trasformazione, senza che ciò abbia comportato licenziamenti. Il fatto vero è che mi si vuole costringere a sottostare alle loro condizioni, cioè cedere l’intera mia cava ad un prezzo irrisorio”. Nei suoi documenti Palma indica accadimenti che se veri sono gravi, come quello della demolizione di un baglio che per il piano paesistico non poteva essere demolito, demolizione che sarebbe stata funzionale all’uso della cava che secondo Palma dovrebbe essere da tempo chiusa.“Gli uffici hanno scelto di tenere gli occhi chiusi, non hanno visto questa demolizione, non notano le discariche di materiali inerti che si sono create, solo l’Arpa ha deciso di mettere tutto nero su bianco e la soprintendenza ha revocato precedenti autorizzazioni”. L’atto oggi impugnato riguarda proprio l’ampliamento della cava concesso dal Comune di Calatafimi: “Viene agevolato un imprenditore a danno di altri”.