Intervista all’ Architetto Ignazio Longo
a cura di Pietro Pignatiello e Lidia Milazzo.
Quando è stato costruito il castello dei Conti di Modica?
Non si conosce la data di costruzione del castello. In linea di massima possiamo parlare di una costruzione risalente alla prima metà del trecento, momento in cui esisteva una situazione storica di grande subbuglio politico. In quel periodo, infatti, esistevano delle forti lotte tra i conti felloni, così erano chiamati quelli che si opponevano al potere regio che, con eserciti propri, erano talvolta anche in grado di fronteggiare le forze regolari del re. Questo comportava un continuo susseguirsi di alcune famiglie al potere. Per questa ragione, dunque, non si può parlare di un unico committente, possiamo attribuire la costruzione, o l’inizio di questa, a una tra le famiglie più importanti dell’epoca: Ventimiglia, Chiaramonte o Peralta.
Dunque, non abbiamo documenti che ci certifichino la data di costruzione, ma stilisticamente, a quali anni potremmo farlo risalire?
Stilisticamente il castello risale al periodo trecentesco. Presenta due stili architettonici diversi visibili nella differenza di forme delle quattro torri: quelle cilindriche, che rispecchiano uno stile più vecchio, si alternano con le due torri quadre. Comunque, il castello è stato costruito tutto
intorno alla prima metà del trecento.
A cosa è dovuta questa differenza di pianta tra le quattro torri?
Lo scopo era risparmiare tempo e denaro. Per costruire una torre cilindrica ci vuole meno pietra, ma soprattutto meno tempo, rispetto ad una torre quadrata. La costruzione del castello è stata avviata con una torre quadrata e poi, per accelerare i tempi, sono state costruite le due cilindriche. Ricordiamoci che siamo in tempi di disordini e le necessità di difesa potevano, a un certo punto, farsi pressanti quindi c’era una forte esigenza di accelerare i tempi di costruzione. Dopo le due torri cilindriche, infine, è stata edificata la quarta torre quadrata.
Qual era quindi la funzione del castello?
Il castello non si trova nel cuore della città. Il primo elemento è la torre quadrata (torre di Nord-ovest), posta alla fine della strada (via Barone di San Giuseppe – via Rossotti) che collegava il mare alla terra. Esso si trova di fronte all’entrata della città come presidio della strada più importante che non era il Corso. Non può essere definito come palazzo nobiliare; al contrario, la sua funzione era di ospitare la guarnigione militare.
Da chi era abitato?
Ai tempi erano i militari a controllo del territorio ad abitare il castello e sporadicamente i nobili.
A guardarla dall’ alto, la pianta pare presentare una forma non proprio rettangolare.
Il castello ha una forma atipica a parallelogramma di difficile interpretazione. Il fronte della torre quadra non è perfettamente parallelo all’odierno Corso VI Aprile, questo è probabilmente dovuto alla necessità di aumentare il fronte di difesa fornendo un maggiore spazio per la disposizione di uomini pronti a difendere il territorio. Una torre quadrata che getta il suo angolo sulla via e sullo spiazzo principale, permette, attraverso la sua disposizione “a cuneo” di aumentarne le capacità difensive, con un maggiore schieramento di uomini. Una scelta strategica quindi!
La scorsa volta ci aveva accennato a una quinta torre, è esistita veramente?
La presenza della quinta torre è documentata sia a livello iconografico (ad esempio nel dipinto del
Collegio risalente al secondo quarto del XVIII secolo e nella stampa di Cesare Orlandi del 1770), che nel manoscritto di Ignazio De Blasi della fine del XVIII secolo. Essa delimitava la cittadella militare creando questo cortile interno difeso nell’area immediatamente circostante al castello. Le mura della cittadella avevano una forma triangolare che terminava con la quinta torre. Seguendo la logica di alternanza delle torri, tra tonde e quadrate, si potrebbe ipotizzare che la quinta torre sia stata di forma cilindrica, ma le rappresentazioni in questo senso sono contrastanti. Uno sguardo a quelle che sono probabilmente le fondamenta della torre, situate in una casa privata, ci fanno pensare ad una pianta rotonda. La sua antica posizione era vicina all’attuale scalinata che conduce da via Mazzini in via Commendatore Navarra. Il De Blasi riferisce che la torre fu abbattuta, perché pericolante, nel 1758.
Le antiche mura della città cingevano il castello, o erano parte del perimetro difensivo di questo? Il castello fa parte del circuito murario difensivo (mura australi). Cosa ci può dire sui sistemi difensivi di questa struttura?
Innanzi tutto dobbiamo parlare della merlatura. Ne esistevano di due tipi; nel gergo tecnico vengono definite come guelfe e ghibelline, che nulla hanno però a che vedere con le due opposte fazioni che si fronteggiavano nella Firenze del XII secolo.
La merlatura guelfa ha forma rettangolare, quella ghibellina è a coda di rondine. Il castello presenta una merlatura di tipo guelfo. Le sporgenze esterne ai merli che sono tuttora visibili sono delle mensolette che servivano a tenere, con dei ganci, le ventiere. Quest’ ultime erano delle strutture basculanti che permettevano al difensore di lanciare oggetti verso il basso mantenendo sempre un’ottima copertura difensiva. Guardando dall’alto queste mensolette, è ancora oggi possibile vedere gli incavi nei quali erano poggiati i ganci che reggevano gli sportelli. Il tutto faceva parte della cosiddetta difesa piombante.
Esisteva anche un’altra struttura, al centro delle mura Sud, della quale rimangono soltanto due sporgenze, simili a due grossi mensoloni, punto in cui, non essendoci merlatura, in realtà non avrebbero alcun significato.
Questa è probabilmente ciò che resta di una bertesca, un sistema difensivo aggettante, consistente in un pavimento di legno sostenuto, appunto, da queste due sporgenze in pietra e coperto sui lati, che permetteva un migliore utilizzo delle armi di difesa su eventuali assalti da terra.
Un altro sistema difensivo è quello delle caditoie, dalle quali si faceva fuoriuscire olio bollente.
Infine, vi sono le bombardiere, grossi fori situati lungo il camminamento di ronda.
Il castello ha anche dei segreti. Quali sono le parti che non si vedono?
Nella corte interna del castello, angolo Nord- Est, esiste un locale sotterraneo (la notizia mi è stata riferita dal Geologo Antonio Bambina, che ringrazio) scavato nella roccia di travertino, di difficile interpretazione se non assimilandolo a una fossa carceraria. Nel castello esistevano tre tipi di celle carcerarie riservate a uomini di diversa estrazione sociale; le stanze per i nobili, i luoghi più angusti all’interno delle torri e le fosse che erano utilizzate per i reati più gravi, le quali potevano contenere un numero esiguo di persone.
In un angolo esterno, invece, della torre quadra Nord-Ovest, su una pietra dalle dimensioni notevolmente differenti da quelle circostanti, vi è un’iscrizione che era stata interpretata in passato come una scritta araba; in realtà è la somma di due scritture diverse. Da un’analisi approfondita è venuto fuori un’iscrizione riportante “Uscidi”, risalente, come possiamo intuire dallo stile della scrittura, al ‘500 e l’altra “bono”, di più recente datazione attribuibile al nome di qualche capomastro illetterato.
Sotto l’arco d’ingresso interno alla torre quadra c’è un’effige a forma di croce in cui si trova la scritta “ASP 1738” e “MM”.
La data di questa incisione è attribuibile a qualche evento importante che è avvenuto all’ interno del castello.
La sigla MM può avere diversi significati:
1. Magister Munerum (maestro delle opere)
2. Municipes Municipii (città del municipio)
Infine vi è una croce polilobata che s’interpreta come un signum tabellionatus.