Ancora altri 90 giorni per conoscere le motivazioni della sentenza pronunciata il 30 settembre scorso dal gup Giovanni Francolini nel procedimento dove il senatore Tonino D’Alì era imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il termine originario scadeva lo scorso 28 dicembre, ma il gup Francolini ha ottenuto dal presidente del Tribunale una ulteriore proroga di tre mesi. Le motivazioni si potranno così conoscre solo a fine marzo prossimo. D’Alì, ex sottosegretario all’Interno, ex Forza Italia, ex Pdl e adesso transitato nel Nuovo Centrodestra di Alfano, ha ottenuto la prescrizione per i fatti contestati sino al gennaio 1993 e l’assoluzione per insufficienza di prove per il periodo successivo. Al centro delle accuse i rapporti con la famiglia mafiosa dei Messina Denaro di Castelvetrano – i padrini don Ciccio, morto nel 1998, e Matteo, attuale latitante, ricercato da 20 anni – risultano essere stati suoi campieri e protagonisti di una fittizia vendita di un terreno in contrada Zangara di Castelvetrano. I pentiti hanno svelato che i 300 milioni di lire pagati per conto dei Messina Denaro e di Riina dal prestanome Francesco Geraci (poi collaboratore di giustizia) furono restituiti in tre tranche da D’Alì. Fatto accertato per il quale esiste una condanna per riciclaggio nei confronti di Messina Denaro e dei fratelli Geraci, pronuncia alla quale si è aggiunta adesso la dichiarazione di prescrizione per il senatore D’Alì. Il resto delle accuse era basato sui rapporti che D’Alì secondo la Procura aveva intessuto con mafiosi e imprenditori, ma per il gup sono risultate insufficienti le prove per pronunciare una condanna, da qui l’assoluzione, accogliendo la tesi dei difensori Bosco e Pellegrino.