Il prossimo Lunedì 17 febbraio, alle ore 9,30, innanzi la corte di appello di Catania, avrà sede l’ultimo atto del processo di revisione nei confronti di Mandalà Giuseppe, morto in carcere nel 1998, malato di tumore, vittima di un gioco di potere dello Stato e della mafia siciliana.
Mandalà fu condannato all’ergastolo con sentenza della Corte di Assise di Trapani del 10.02.1981, per l’omicidio dei due carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta del 27.01.1976, nella casermetta di Alcamo Marina.
Per quella strage vennero condannati anche Gulotta Giuseppe, Ferrantelli Giuseppe e Santangelo Gaetano, la cui condanna è stata già oggetto di revisione con assoluzione da parte della Corte di Appello di Reggio Calabria del 13.02.2012.
Per quanto riguarda Mandalà, nei due gradi di giudizio affrontati, è sempre stato condannato, avendo a suo carico due tipi di imputazioni: la chiamata in correità da parte di Giuseppe Vesco (poi ritenuta illegale, dalla sentenza di revisione Gulotta, essendo stata estorta con le torture dei carabinieri, comandati dall’allora cap. Giuseppe Russo) e una macchia di sangue sulla giacca, appartenente al medesimo gruppo sanguigno di una delle vittime ( gruppo molto raro), anche se tale prova fu oggetto di serrate critiche dalla difesa che sosteneva la frode processuale dei carabinieri. Quest’ultima ipotesi è sempre stata esclusa dalle sentenze, ritenendo impossibile la preordinazione da parte dei C.C. di Alcamo che avrebbe comportato, in ipotesi, la conservazione del sangue delle vittime, fatto ritenuto inverosimile.
Ora, in sede di revisione, gli avvocati della famiglia Mandalà, Baldassare Lauria e Pardo Cellini, hanno dimostrato la fondatezza della frode processuale: un verbale del 6.2.1976 dei carabinieri di Alcamo, tenuto nascosto al processo di merito, dà atto del possesso da parte dei carabinieri del sangue delle vittime, prelevato dai rispettivi cadaveri.
“Detta evidenza è l’epilogo di una contraffazione della verità processuale, che a distanza di oltre 36 anni è venuta fuori”, hanno dichiarato i difensori Cellini e Lauria.
La sentenza di Reggio Calabria che ha assolto Gulotta ha conclamato le torture poste in essere dai carabinieri per estorcere le confessioni degli arrestati, la falsità dei verbali di arresto. Per questo Gulotta, che è rimasto in carcere 22 anni, ha già avviato la procedura per il risarcimento dei danni contro l’Arma dei Carabinieri cui ha chiesto un risarcimento record di 59 milioni di euro.
Nel processo di Catania il pentito Leonardo Messina ha dichiarato che quella strage fu concepita dalla mafia di concerto con esponenti dell’Arma per preparare un colpo di Stato.
Lunedì prossimo, dopo la discussione dei difensori, si avrà quindi la sentenza. Sarà presente in aula anche Gulotta che ha dichiarato di volere dare la sua testimonianza.