Trapani: indagati per corruzione maggiorenti dell’entourage del senatore D’Alì.
Quattro politici finiscono sotto inchiesta, subiscono perquisizioni, vengono indagati per corruzione, uno anche per violenza privata e minacce, e la reazione è di quelle che “bocciano” senza appello l’operato della magistratura. Eppure ci sarebbe da soffermarsi un attimo a riflettere su tutto quello che sta accadendo a Trapani. Andiamo con ordine. Lunedì e martedì agenti delle sezioni di Polizia Giudiziaria della Procura appartenenti alla Polizia e al Corpo Forestale hanno bussato alle porte di quattro noti esponenti della politica locale. Indagati per corruzione. Tre sono aderenti al Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, a Trapani sono stati sempre vicinissimi all’ex sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì, che da Forza Italia passò al Pdl e oggi anche lui fa parte degli alfaniani.
I nomi. Il capogruppo al Comune di Trapani Totò La Pica da decenni affianco al senatore una sorta di segretario particolare tutto fare, devozione politica che è stata premiata con la sua elezione al Consiglio comunale per due mandati consecutivi, il consigliere comunale di Favignana Cettina Spataro, ex assessore al Comune di Trapani ed ex assessore alla Provincia, Vito Santoro che fu dirigente del Pdl e oggi è tra i maggiorenti dell’Ncd, contro di lui le accuse anche di violenza privata e minacce. Il quarto indagato è la figura classica del “faccendiere”. Si tratta di Luigi Manuguerra che negli anni ’80 fu consigliere comunale del Psdi e finì in carcere e condannato per vendita di posti di lavoro. Per un lungo periodo abbandonò la politica ed era costantemente presente sulle tv locale presentandosi come “mago Luigi”. Poi il ritorno alla politica, tentò la strada della rielezione in qualche consiglio comunale, tra Trapani ed Erice, alla fine si fece da parte portando in Consiglio la compagna, Cettina Montalto consigliere ad Erice. Manuguerra è un altro spesso visto al fianco di D’Alì, partecipando anche alla campagna elettorale per l’elezione a Trapani del sindaco Vito Damiano (generale dei carabinieri e vicino anche lui a D’Alì), nelle ultime settimane però è avvenuto il divorzio, Manuguerra si è schierato con Forza Italia facendosi promotore del cosidetto “esercito di Silvio” (esercito della libertà). Fin qui la notizia di cronaca e l’identikit degli indagati. Poco trapela sul contenuto dell’indagine condotta dalla Procura di Trapani e affidata ai pm Andrea Tarondo e Sara Morri. Si può solo dedurre. E la deduzione porta all’indagine nei confronti del senatore Antonio D’Alì che lo scorso 30 settembre è stato prescritto e assolto (rito abbreviato dinanzi al gup di Palermo giudice Francolini) alla maniera andreottiana per le accuse di concorso esterno di associazione mafiosa. Le motivazioni della sentenza ancora non sono state depositate (dalla fine di dicembre il termine è stato spostato dal gup alla fine di marzo) ma la Dda di Palermo si prepara all’appello. E certamente lo fa con la sorpresa venuta fuori proprio sul finire del dibattimento e cioè la decisione di un fedelissimo del senatore D’Alì, il sacerdote Ninni Treppiedi, a svelare ai magistrati i retroscena della vita personale e politica del parlamentare. Dichiarazioni che sono continuate in questi mesi. I nomi di Santoro e Manuguerra vennero proprio fuori all’ultima udienza del processo contro D’Alì. I pm avevano chiesto di sentirli a proposito di avvicinamenti un po’ troppo pesanti che sarebbero stati compiuti nei confronti di Treppiedi per indurlo a ritrattare. Tra i soggetti chiamati in causa anche un maresciallo dei carabinieri, Girolamo Castiglione, quest’ultimo a Treppiedi avrebbe consigliato di stare attento a cosa dichiarava. Insomma sembra che la Procura pensi che dentro l’entourage del senatore D’Alì vengono tutelati precisi segreti, da qui le perquisizioni. C’è da dire che gli avvisi e le perquisizioni sono state disposte dalla Procura di Trapani, quindi non vi sono sospetti di agevolazione dell’associazione mafiosa, sennò in questo caso l’indagine sarebbe stata della Dda di Palermo. I fatti potrebbero essere dunque quelli che porterebbero a scoperchiare la pentola dentro la quale per anni sono stati nascosti accordi e connessioni parecchio pericolose. L’iniziativa della magistratura è stata accolta con tanto silenzio da molte parti politiche.
Tacciono gli indagati, tace il senatore D’Alì, gli alfaniani si sono affidati alla sola voce del consigliere comunale di Erice, il medico Lella Pantaleo che ha bollato tutto come “la perquisizione degli onesti”. La Pantaleo è scesa a difesa dei propri compagni di partito. Silenzio su Manuguerra e non poteva essere altrimenti, anche per la grossa difficoltà a tentare una difesa del soggetto: “…ancora una volta alla ricerca di ciò che non si può trovare. Ci spiace per chi dopo l’assoluzione del sen. D’ALI’ dovrà rassegnarsi all’evidenza di aver incontrato sulla sua strada altre tre persone di assoluta integrità, che hanno l’unico difetto, per verità comune con tanti altri, di essere amici e dello stesso partito. Provate a raccontare ai trapanesi che qualcuno indaga su Vito Santoro, su Cettina Spataro e su Toto’ La Pica, e vedrete come si metteranno a ridere pensando ad una barzelletta e dopo, se non fosse per il timore delle istituzioni, manifesterebbero pubblicamente il loro sdegno”. In Procura oggi i magistrati sono stati impegnati a leggere i documenti sequestrati, tra le cose portate via anche computer, ipad e telefonini. E qualcuno va dicendo, forse non tanto a caso, che è l’inizio di una vera e propria bufera pronta ad abbattersi sugli ambienti politici cittadini.