PALERMO. Si è svolta ieri presso l’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, davanti la corte d’assise, l’udienza sulla trattativa Stato-mafia. Presenti in aula i pm Antonino Di Matteo e Vittorio Teresi. Presente anche Massimo Ciancimino. Nei giorni scorsi la notizia della richiesta di trasferimento da parte dei pm Di Matteo e Del Bene, hanno fortemente scosso l’opinione pubblica. In aula, tra il pubblico, oltre ad una scolaresca e alcuni volontari dell’associazione “Libera. Nomi e numeri contro le mafie” anche Salvatore Borsellino, fratello del giudice barbaramente ucciso in via D’Amelio il 19 luglio 1992. Grande assente in videoconferenza dal carcere di Opera di Milano, il boss sanguinario Totò Riina che dopo il malore avuto nei giorni scorsi si è rifiutato di partecipare all’udienza. In aula, per motivi di studio, anche Satoru Uchida, magistrato della corte suprema di Tokyo. Il dibattimento si è sviluppato sul controesame, da parte delle difese, del pentito Francesco Di Carlo, mafioso della famiglia di Altofonte, emigrato a Londra dopo essere stato messo “fuori” dalla famiglia per dissidi interni legati ad una partita di droga. Di Carlo risponde alle domande degli avvocati difensori Di Peri e Milio, tentando di entrare nei particolari di alcune dichiarazioni rilasciate la scorsa udienza. Ripercorre la vicenda del presunto incontro tra i mafiosi Cinà e Teresi con l’allora imprenditore milanese Silvio Berlusconi, tramite Marcello Dell’Utri. “Io, Cinà e Teresi ci siamo visti tutti all’ aeroporto di Palermo. Abbiamo fatto lo stesso viaggio fino a Milano e mi parlarono di questo incontro con Berlusconi. Cinà mi disse che dovevano chiedere 100 milioni di lire a Berlusconi, a titolo di prestito. Poi parla anche della strage di Capaci: “Dissi: Ma è molto protetto (il giudice Falcone, ndr). Mi risposero che quando Cosa nostra si mette in testa una cosa la porta sempre al termine, anche se per farlo occorreva utilizzare metodi forti come un kamikaze, o un finto giornalista per farlo saltare in aria.”
Al termine del controesame di Francesco Di Carlo, la corte d’assise di Palermo ha ammesso due nuovi testimoni: i pentiti Rosario Naimo e Fabio Tranchina. Naimo dovrà deporre sui suoi rapporti con alcuni imputati, nello specifico sui suoi rapporti con Totò Riina e Antonino Cinà. Tranchina dovrebbe deporre sui rapporti con i boss palermitani Giuseppe e Filippo Graviano e sulle confidenze ricevute da Giuseppe Graviano in merito alla cattura di Riina.
Intanto i tre ufficiali dell’Arma dei Carabinieri Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, imputati, chiedono il trasferimento del processo fuori Palermo per “legittimo sospetto; perché gli ultimi fatti potrebbero turbare lo svolgimento del processo e possono pregiudicare la libera determinazione di chi partecipa al processo ovvero la sicurezza e l’incolumità pubblica”.