Intervista ad Ignazio Messana, esperto della Provincia Regionale di Trapani per le risorse locali, impegnato in attività di ricerca studi e promozione del territorio, autore del libro “Demetra ad Alcamo”.
A cura di Pietro Pignatiello e Lidia Milazzo.
La colonizzazione greca del Mediterraneo occidentale diffuse la cultura di questo popolo in maniera decisiva anche nelle colonie. In Sicilia, un tempio di Persefone, figlia di Demetra, fu eretto a Selinunte. C’è un legame stretto tra le due dèe.
Alla base del culto eleusiaco, il più noto dei culti misterici dell’antichità (che prende il nome dalla città di Eleusi nell’antica Grecia, vicino ad Atene), vi è il mito in cui Persefone viene rapita dal dio degli inferi. La disperazione della madre, Demetra, commosse (non facilmente) Zeus, padre (nel senso di capo) degli dèi, il quale decise che la ragazza sarebbe dovuta tornare sulla terra, ma passare tre mesi all’anno con l’ormai marito, Ade, re degli inferi.
Demetra, la “madre del grano”, ha una figlia, Persefone che, dopo essere stata sotto terra, torna periodicamente alla sua vita. Immediato e naturale il parallelo ai cicli della natura, che vede l’alternarsi delle stagioni, dall’ inverno, in cui la natura muore, alle stagioni più calde in cui, dopo la semina, c’è il ritorno alla vita.
Abbiamo visto in precedenti articoli come la nostra zona sia stata sempre citata per la sua fertilità e per l’abbondanza di acqua,condizioni che ne hanno favorito il carattere prevalentemente agricolo.
Senza dubbio quindi, una figura femminile come quella di Demetra avrà trovato posto nei culti religiosi di queste zone.
Per questo motivo, abbiamo voluto approfondire l’argomento, a cui avevamo accennato già nella scorsa puntata, sulla presenza di Demetra, e Persefone, nei culti locali, intervistando il professore Messana, che sull’ argomento ha molto da dirci in scopritore di alcune statuette sul Monte Ferricini, nelle quali è chiaramente riconoscibile l’immagine di Demetra.
Buongiorno Prof. Come si è verificata questa scoperta?
La scoperta del santuario di Monte Ferricini è un esempio delle numerose, fortuite casualità che spesso accadono in archeologia.
In superficie ho raccolto, pubblicato e consegnato alla Soprintendenza di Trapani un consistente deposito votivo nel quale figuravano frammenti di statuette di terracotta,
figure panneggiate, una piccola maschera con polos e foro di sospensione ed altri oggetti. Una delle manifestazioni più diffuse della devozione dei fedeli verso gli Dèi è l’offerta di ex voto, oggetti deposti all’interno dei santuari e di luoghi di culto, o seppelliti dentro fosse votive in prossimità delle aree sacre. Nella maggior parte dei casi si tratta di un tipico aspetto della religiosità popolare dei ceti meno abbienti, che richiedono agli Dèi la garanzia di salute e riproduzione, le condizioni fondamentali per il lavoro e la sopravvivenza. La realizzazione con mezzi meccanici di una fascia taglia fuoco sul Monte Ferricini e una mia attività di ricerca portarono, nell’estate del 2007, alla scoperta occasionale di reperti, di estremo interesse, della fine del VI secolo a.C. e inizio del V sec. a.C.
Carattere squisitamente votivo ha inoltre il vasto repertorio di ceramica miniaturistica, i piccoli unguentari e le lucerne a più luci documentate in ambito siciliano e magnogreco, in stretta connessione con i luoghi di culto dedicati alla stessa divinità.
Tra tutti i “pezzi” ritrovati, qual è quello che, secondo lei, puntualizza meglio l’importanza della scoperta?
Tra le statuette scoperte sul Ferricini, in particolare una è raffigurata con polos (n.d.r. un ornamento,copricapo o corona di forma cilindrica o anche quadrangolare, che cingeva il capo di divinità femminili) sul capo e chitone (n.d.r. tunica tipica dell’antica Grecia, chiusa da una cintura) aderente al seno, un’altra assisa in trono, con le mani poggiate sulle ginocchia, lunghi capelli, volto ovale, lineamenti evidenti, naso prominente, sorriso accennato.
Carattere squisitamente votivo ha inoltre il vasto repertorio di ceramica miniaturistica, i piccoli unguentari e le lucerne a più luci documentate in ambito siciliano e magnogreco, in stretta connessione con i luoghi di culto dedicati alla stessa divinità. Cicerone ricorda, in un noto passo delle Verrine, quanto fosse esteso in Sicilia il culto di Demetra.
La tipologia dei reperti archeologici rinvenuti, l’ampiezza e varietà del culto di Demetra in Sicilia e il confronto con altri contesti simili (Selinunte, Entella, Gela, Agrigento, Siracusa ecc.) sono tutti elementi che concorrerebbero a identificare il sito di Monte Ferricini, con un luogo sacro dove in autunno, proprio quando germoglia il seme doveva professarsi quel culto associato alla fertilità e alla celebrazione di feste in onore di Demetra, con banchetti seguiti dalla deposizione di statuette.
Qual è il motivo della popolarità di questo culto?
I molteplici riferimenti a pratiche rituali legate alla fertilità agraria, tema assai sentito in ambiente siceliota, vedono nelle Tesmoforie di Aristofane un cerimoniale adatto a stimolare la produttività del suolo ma anche una connessione con le funzioni della donna quale madre e generatrice di vita. Non è infine da trascurare la funzione politica che probabilmente assolveva la celebrazione dei riti eleusini, che promuovendo la continuità della stirpe umana e la crescita della fecondità agraria, toccava temi fondamentali per il benessere e la stabilità della società.
La festa, che in Sicilia pare abbia assunto suoi caratteri peculiari, si svolgeva nell’arco di dieci giorni ed era caratterizzata da un’ampia partecipazione popolare.
Diodoro elenca una serie di cerimonie che si celebravano in onore di Demetra. Feste antichissime a carattere essenzialmente agricolo e popolare erano le sementivae: che segnavano la fine della stagione della semina; le panagalia in onore di Tellus mater, primigenia madre della terra, che finì per essere assimilata a Cerere, la Dea madre della terra, della fertilità, della nascita e del matrimonio.
La Sicilia fu il giardino della civiltà greca classica. Demetra e i misteri eleusini erano di casa da noi. Adesso sappiamo anche ad Alcamo.
La scorsa puntata abbiamo visto come molte abitudini religiose si siano conservate fino ad oggi, anche se sotto altre forme. Cosa è rimasto oggi del culto di Demetra?
Un profondo legame corre tra Demetra, signora del grano, e la vocazione agricola che caratterizza il territorio di Alcamo. I riti e i culti del paganesimo e del cristianesimo si sono intrecciati all’insegna dei valori della terra, della sussistenza alimentare, del ciclo delle stagioni, del ritmo della nascita e della morte, della salvezza, dell’anelito all’eternità.
Per attenuare gli effetti traumatici di un drastico cambiamento, la nascente chiesa cristiana riadattò riti e miti radicati da secoli. Fu un’opera lenta che per quanto riguarda la figura della Vergine si rivelò particolarmente lunga e complessa. L’accostamento con Demetra fu il più immediato e spontaneo. Il fatto poi che Demetra e Maria fossero accomunate dall’identico angoscioso dolore materno provato dall’una per il rapimento della figlia e, dall’altra, per la crocifissione del figlio; la stessa benevolenza dimostrata al genere umano; il naturale paragone tra il grano sostentamento per la vita terrena e Cristo, cibo per l’eternità, favorirono il proseguimento spontaneo del culto tributato da secoli alla Dea. Ma anche nella processione dei Misteri, con la Madonna Addolorata, vestita di nero, dietro il Cristo c’è una chiara inglobazione del culto di Demetra. Cristo è il nostro pane, cioè grano: è morto e sepolto. Ma dopo tre giorni resuscita, come il seme del grano, come Persefone che torna da sottoterra a primavera. Cristo che risorge, come il chicco sottoterra che rinasce come spiga del grano ed è il nostro nutrimento e la nostra salvezza.
Quindi è avvenuto uno di quei sincretismi di cui si parlava anche nello scorso appuntamento?
Non è certo, ma è molto probabile che la sovrapposizione del culto cristiano a quello pagano di Demetra sia stata la conseguenza di una interrotta tradizione che avrebbe favorito lo sviluppo di un culto, quello della Vergine Madre, che in qualche modo poteva sostituirsi al culto pagano. Molte usanze pagane intimamente legate al nome di un Santo o a un giorno festivo dell’anno si sono conservate fino a noi.
Il Pitrè scrive che la Candelora ricorda i Lupercali, cerimonia romana dei primi di febbraio, continuazione della festa di Proserpina. A Demetra si accendevano i fuochi e le fiaccole in processione. Vale la pena ricordare che la torcia, simbolo della luce, del sole e dell’assoluto, era uno specifico attributo di Demetra. Dopo il ratto di Persefone, Demetra, poiché non riusciva a trovare la figlia, accese le fiaccole dai crateri dell’Etna. Ancora oggi i fuochi si continuano ad accendere, a settembre, alla vigilia dell’ascensione al Bonifato, dov’è la Maronna l’Avutu. A maggio la discesa, a la Madonna ddà Ghiusu, a settembre la risalita. La scinnuta e l’acchianta. Kore scende e risale. Risale al tesoro perduto e ritrovato. Alcamo ha una forte tradizione di culti agricoli non è da escludere che lo scenario di Demetra e Persefone si sia saldato con quello delle Madonna l’Avutu e la Madonna ddà Ghiusu.