TRAPANI. La direzione investigativa antimafia di Trapani ha confiscato beni per un valore complessivo di oltre 15 milioni di euro nei confronti degli eredi di Ignazio Miceli, deceduto 4 anni fa, che fu un imprenditore operante nel settore dei trasporti alimentari. Il provvedimento emesso dal Tribunale di Trapani, sezione misure di Prevenzione è stato avviato su proposta del direttore della Dia nei confronti dell’imprenditore accusato di mafia. Ignazio Miceli era già sorvegliato e dopo le indagini è stata accertata la sua collocazione in seno alla famiglia mafiosa di Marsala.
I precedenti di Miceli non sono banali. L’imprenditore è stato tratto in arresto nel 2003, dopo le dichiarazioni del collaboratore di Giustizia Mariano Concetto e dopo aver analizzato le intercettazioni, perché considerato coinvolto a pieno titolo nelle attività delittuose attuate dalla cosca mafiosa marsalese, in particolare, quelle di natura estorsiva e della gestione, in maniera continua e stabile, della latitanza di alcuni suoi pericolosi esponenti. Il “Progetto Peronospera”, avviato a quyesto proposito dalla Polizia, ha condotto Miceli ad una condanna a sei anni e otto mesi di reclusione, che si concluse, però con l’assoluzione dello stesso nel marzo del 2008, in Corte D’Appello a Palermo.
Nel frattempo l’azienda del trapanese, denominata “A.F.M.TRASPORTI”, fittiziamente intestata a terzi soggetti, continuava ad espandere i suoi confini commerciali in tutta l Provincia di Trapani. Le attività in questo settore non erano certo cosa di poco conto. Le indagini svolte in quel frangente hanno messo in risalto un completo monopolio da parte della Camorra, dei “Casalesi” in particolare, e delle organizzazioni malavitose del sud riguiardante i trasporti su gomma. Inoltre, la disponibilità di una flotta di autoarticolati così imponente, costituita da numerosi automezzi, poteva essere funzionale anche ad altre attività illecite del clan “dei casalesi”, come il traffico di armi.
Il clan “dei Casalesi”, al fine di aggiudicarsi il controllo esclusivo nello strategico settore dei trasporti dei prodotti ortofrutticoli sulle tratte da e per la Sicilia, aveva stretto una vera e propria alleanza con emissari imprenditoriali di cosa nostra siciliana, individuati nei germani Antonio e Massimo Sraga, già tratti in arresto dalla D.I.A, a cui furono sequestrati beni per il valore di oltre 11 milioni di euro, i quali avrebbero agito sotto la direzione dell’anziano patriarca mafioso Gaetano RIINA, residente a Mazara del Vallo, fratello di Totò, capo indiscusso di “cosa nostra”. Beneficiario principale, sul versante siciliano della provincia di Trapani, dell’accordo affaristico-mafioso tra gli esponenti camorristi dei “casalesi” ed i mafiosi trapanesi sarebbe stato appunto Ignazio Miceli.