Dal carcere ai domiciliari a casa della zia. Don Sergio Librizzi ha ammesso le responsabilità, “le violenze e gli abusi sono veri”

Don Sergio LibrizziHa lasciato oggi pomeriggio il carcere di San Giuliano, don Sergio Librizzi, l’ex direttore della Caritas di Trapani arrestato per concussione e violenza sessuale a fine giugno scorso dagli agenti della sezione di pg della Forestale. Dopo diversi interrogatori, il sacerdote ha deciso di ammettere i fatti contestati ai pm che lo hanno sentito, Di Sciuva, Morri e Tarondo, e cioè le violenze sessuali, la concussione. Chi opponeva incredulità alle cronache giornalistiche, che nei giorni a seguire all’arresto hanno riportato i fatti contestati al prete dalla magistratura, deveoggi ricredersi dinanzi alle ammissioni dell’ex direttore della Caritas.

L’ordinanza di oggi del gip Cersosimo che con il parere favorevole della Procura ha concesso i domiciliari a don Librizzi, nella casa della zia a Campofelice di Roccella (al prete è stato applicato il braccialetto che permette il controllo a distanza dei suoi movimenti), ha preso atto delle ammissioni del prete e del fatto che gli incarichi ricoperti gli sono stati revocati dalla diocesi e dunque del venir meno del pericolo di inquinamento delle prove. E’ emerso anche il pericolo che l’indagato potrebbe commettere un atto estremo contro se stesso nel protrarsi della detenzione, circostanza questa certificata dai medici del carcere e dallo psicologo. Ulteriore ragione usata dal gip per concedere i domiciliari. Ma nella stessa ordinanza criticamente il giudice Cersosimo sottolinea che l’ammissione non è stata accompagnata da un vero e proprio, compiuto, ravvedimento da parte dell’indagato. Quindi niente revoca della misura cautelare. I domiciliari sono stati concessi, se ne deduce, rispetto ad una indagine che non è affatto conclusa, dove le responsabilità del prete, sebbene ammesse, non si sono affievolite. Alcune indiscrezioni addirittura danno per certo che durante gli interrogatori don Librizzi abbia ammesso altri fatti contestati dalla magistratura. Dalla fine di giugno poi la magistratura ha ascoltato diverse persone come soggetti informati dei fatti. Anche alcuni sacerdoti. Lo scenario emerso è quello che sarebbe stato vasto il palcoscenico di chi avrebbe saputo delle condotte immorali del prete, della circostanza che avrebbe utilizzato il proprio ruolo di componente della commissione per i rifugiati, per potersi avvicinare ad alcuni di ruolo, chiedendo favori sessuali in cambio del proprio sostegno in commissione.

Elementi di accusa sarebbero giunti anche dall’alto commissariato per i rifugiati: i relativi rappresentanti in commissione avrebbero nel tempo segnalato i comportamenti di don Librizzi fatti alla luce del sole. Lui si sarebbe difeso sostenendo che si trattava in alcuni casi di gesti di benevolenza, quei gesti però sarebbero stati fin troppo inequivocabili, carezze e toccamenti che non sono sfuggiti ad altri sguardi. Nell’indagine che prosegue rimangono in piedi altri sospetti inerenti la gestione dei centri di accoglienza, il rapporto con i dipendenti impiegati negli stessi centri. Tra questi c’è stato chi raccontando delle malefatte del prete si sarebbe sentito un giorno rispondere da un politico locale che “è sempre sbagliato opporsi al potere”. Il potere in questo caso era quello di don Librizzi. Un potente oramai decaduto. Anche perché abbandonato dai supporter di un tempo.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.