Che la rivoluzione annunciata da Crocetta non è andata a buon fine sembra essere chiaro a molti siciliani. Dopo l’invito di Leoluca Orlando, e il giornalista Pietrangelo Buttafuoco, alle richieste di commissariamento della Sicilia si aggiunge anche il deputato siciliano di Sel, Erasmo Palazzotto.
Ecco il testo integrale inviato al premier Matteo Renzi:
Caro Matteo Renzi,
le scrivo nella sua duplice veste di Presidente del Consiglio e di Segretario del principale partito di governo, partito che esprime al momento anche la Presidenza della mia Regione, la Sicilia.
Accusati ingiustamente in questi giorni di volere “sfasciare” il paese o peggio di essere dei conservatori sono qui a scriverle proprio a dimostrazione che nessuno di noi ha intenzione di mettersi di traverso davanti ad un vero processo riformatore , che modernizzi il paese e che lo metta in condizioni di competere sul piano internazionale per uscire dalla crisi. Vale per il bicameralismo, vale per le riforme di natura economica che sono sempre più urgenti ed indispensabili.
Le scrivo oggi però per dirle di cosa accade nell’appendice estrema di un Sud troppe volte dimenticato dai governi di questo paese. La crisi economica che ha colpito dal 2008 tutto il mondo occidentale si è saldata qui con una crisi strutturale della nostra economia che per responsabilità delle nostre classe dirigenti è stata perpetrata. La Sicilia è sempre balzata alle cronache nazionali come l’emblema degli sprechi, del malgoverno e della corruzione e mai come emblema di innovazione, crescita o sviluppo. Così nel momento di maggiore difficoltà noi abbiamo pagato un prezzo più salato.
La responsabilità delle classi dirigenti siciliane è, sotto questo profilo, enorme. Se da un lato si sono lasciate cooptare nei centri di potere, dimenticando la loro terra, dall’altro si sono proposte sempre come contraenti deboli di una nuova politica di sussidi più o meno espliciti.
In questi anni il decadimento della politica siciliana sotto il profilo morale è stato secondo solo a quello della nostra economia. Anche l’annunciata “Rivoluzione” di Crocetta sembra essere naufragata nella continuità con un passato fatto di sistemi di potere e miopia politica.
Tutti gli istituti di ricerca, da ultimo lo Svimez, ci dicono che siamo oramai davanti ad un processo di desertificazione industriale ed economica senza precedenti e che anche se si mettessero in campo riforme strutturali poderose la nostra economia potrebbe tornare a crescere non prima di dieci anni.
Le emergenze dal punto di vista amministrativo sono infinite ed ogni tentativo di riforma messo in campo dall’attuale Governo ha solamente peggiorato le cose. La maggior parte dei Comuni dell’Isola è sull’orlo del dissesto finanziario, molti sono già oltre, è saltato il sistema di gestione dei rifiuti e sulla gestione del servizio idrico siamo alla improvvisazione dei comuni dopo il fallimento delle società di gestione.
La riforma delle province, improvvisata anch’essa per poter fare un po’ di propaganda politica, ha gettato nel caos il sistema degli enti locali non essendo state definite ancora le funzioni dei nuovi consorzi mentre continuano ad esistere i vecchi enti commissariati.
Ed in questo quadro si inserisce la manovra finanziaria approvata ieri dal Parlamento Regionale; una manovra che ha messo a nudo tutta l’incapacità della politica siciliana davanti a questa crisi. La terza manovra in pochi mesi, dopo che le prime due si erano arenate sotto la scure del Commissario dello Stato che proprio ieri, mentre l’Assemblea Regionale discuteva, ha richiamato il Governo alle sue responsabilità sugli errori materiali commessi nella compilazione del rendiconto 2013.
Una manovra che doveva essere una pezza e che rischia invece di peggiorare le cose. Sono stati messi in sicurezza gli stipendi del personale, come se fosse normale in un paese civile che lo stato non sia in grado di pagare i suoi dipendenti, ma non è stata inserita nessuna misura per fronteggiare la crisi che sta falcidiando le nostre imprese ed intere famiglie rimaste senza lavoro.
Ancora più indecoroso lo spettacolo offerto da una maggioranza che non esiste più, l’assalto alla diligenza per arraffare qualche prebenda nell’ormai famosa “Ex Tabella H” a cui ogni deputato ha affidato il prezzo del suo voto favorevole in aula.
Tutto questo mentre fuori dalle porte di Palazzo dei Normanni la rassegnazione cede il posto alla rabbia e le file davanti ai centri per l’impiego per la lotteria del Piano Giovani si svuotano, perché ormai non è rimasta neanche la speranza per un giovane siciliano di costruire in questa terra il proprio futuro.
In gioco infatti non c’è il futuro di un governo o la tenuta di una maggioranza, ma il futuro di questa terra. La disoccupazione giovanile sfiora il 60% e la mia generazione, quella che lei ha più volte definito la generazione Erasmus, ha ricominciato a viaggiare, ma stavolta per necessità e non per conoscere il mondo. Ogni anno una città come Termini Imerese fatta solo di giovani sotto i 35 anni scompare dalla Sicilia, ed il paragone non è casuale.
A rischio c’è la tenuta sociale in questa terra, con lo scadere degli ammortizzatori sociali c’è la possibilità che la Mafia torni a guadagnare consenso facendo leva sulla condizione di bisogno delle fasce più deboli della società e che la distanza tra le nuove generazioni e le istituzioni si faccia sempre più grande.
Infine c’è un rischio che le voglio sottoporre: in questo momento la situazione del bilancio nel suo complesso, tra residui attivi non esigibili e debiti fuori bilancio degli enti locali per il disastro nella gestione del ciclo dei rifiuti, è disastrosa. Potremmo trovarci con un buco di svariati miliardi che determinerebbe il default finanziario della Regione. Tale situazione metterebbe in pericolo non solo a quel punto le casse della Sicilia, ma finirebbe col trascinare nel baratro le finanze dell’intero paese.
Nonostante quindi il tentativo di molti di ignorare la questione, le sorti dell’Italia sono indissolubilmente legate a ciò che accadrà in questo lembo di terra nel centro del Mediterraneo.
Se realmente ha in mente di cambiare l’Italia quindi non può continuare ad ignorare quello che accade da queste parti, è compito di un Governo centrale assicurarsi che nessun livello amministrativo territoriale determini un disastro di questo tipo sotto il profilo economico e sociale. Il tempo per la Sicilia è finito, l’ultima occasione le nostre classi dirigenti l’hanno sprecata ieri, se non si interviene con riforme coraggiose e con un idea di sviluppo complessiva oggi, non ci sarà domani la possibilità di cambiare un destino che sembra essere ineluttabile.
Per queste ragioni le chiedo di investire tutto il suo governo della “Questione Sciliana” e di affrontare con la massima serietà la situazione. Valuti lei, nel solco delle misure previste dal nostro Statuto e dalla nostra Costituzione, se ricorrono le condizioni per un commissariamento o se utilizzando le armi della politica non sia il caso di riportare la Sicilia al voto per darvi una maggioranza più politica e più stabile in grado di metter in campo le riforme di cui abbiamo bisogno. Ma la prego non continui a voltarsi dall’altra parte.