Delitto Capizzo, il nome dell’assassino nelle tracce di sangue

Questura TrapaniL’omicidio risale al 2002 e fu scoperto sul litorale di Capo Feto a Mazara. La vittima era Salvatore Capizzo un infermiere col pallino di fare il manager della sanità

Hanno ripreso il fascicolo d’indagine dall’archivio dei delitti irrisolti e adesso i poliziotti della Squadra Mobile di Trapani, diretti dal dirigente dell’ufficio investigativo dott. Giovanni Leuci e coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica di Marsala, pm Nicola Scalabrini, si sono gettati a capo fitto per trovare il colpevole dell’omicidio dell’infermiere mazarese Salvatore Capizzo, classe 1958.

Un delitto per il quale era stata battuta dai carabinieri la pista passionale, inchiesta che però la Procura ha deciso di archiviare per poi aprire un nuovo fascicolo di indagine. Il delitto sarebbe maturato per gli inquirenti nell’ambito dell’attività professionale dell’ucciso. Ufficialmente era un infermiere di fatto si occupava di gestire centri sanitari. E’ nella sanità privata e in quell’ambito che è risultato sotto il controllo di una cupola mafiosa che per Procura e Squadra Mobile va ricercato movente, mandanti e autore del delitto. In possesso degli agenti della Mobile un elemento non di poco conto. Capizzo fu trovato cadavere nella mattinata dell’1 ottobre del 2002 sul litorale di Capo Feto. Aveva la testa sfondata da un colpo di arma da fuoco, fu ucciso da un colpo di pistola. Ma l’autopsia rivelò anche altro. Quel colpo di pistola era il colpo di grazia, dapprima Capizzo era stato colpito, sempre al capo, con un corpo contundente, forse un robusto pezzo di legno. E reperti di legno furono rinvenuti nei pressi del cadavere. Ulteriori approfondimenti hanno permesso di accertare diverse tracce di sangue su questi frammenti di legno. Si pensava fossero dell’ucciso, ma adesso non è risultato così. Sono state scoperte tracce di sangue diverso da quello di Capizzo. E su queste tracce di sangue adesso verrà compiuto l’esame del Dna. L’aggressore è rimasto ferito, e quelle tracce ematiche potrebbero fare scoprire il suo volto.

Il nome di Capizzo è più volte citato nell’ambito del sequestro da 35 milioni di euro che nel 2011 ha riguardato l’ex deputato regionale della Dc Pino Giammarinaro. Un sequestro preventivo (il relativo procedimento è ancora in corso dinanzi al Tribunale delle Misure di prevenzione) operato ai sensi della normativa antimafia. Lo scenario è quello di connessioni tra mafia e politica per il controllo del mondo della sanità privata. Capizzo era amministratore di un centro di emodialisi a Mazara, ma in realtà sarebbe stato in questa attività come in altre, prestanome dell’on. Giammarinaro. Capizzo poi nel periodo in cui il politico era latitante perché ricercato dalla Procura di Palermo che lo voleva arrestare per i suoi contatti con la potente mafia di Matteo Messina Denaro, si sarebbe preso cura della latitanza del politico. A tradire questa circostanza anche alcune intercettazioni. Avrebbe tenuto i libretti al portatore intestati a Giammarinaro e avrebbe anche fatto collette per non fargli mancare in quel periodo l’occorrente sostegno economico. Indagini, quelle su Giammarinaro e sui centri di potere che avrebbe gestito nell’ambito della sanità privata, che sono state condotte dalla Squadra Mobile . Potrebbe quindi non essere un caso che il “cold case” sul delitto dell’infermiere Capizzo siano state affidate dalla Procura di Marsala all’ufficio investigativo diretto dal capo della Mobile Giovanni Leuci.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.