Arriva Alfano e la Dia annuncia confisca contro Matteo Messina Denaro

Matteo Messina DenaroA Castelvetrano oggi ci saranno il ministro dell’Interno e il capo dell’agenzia nazionale beni confiscati Postiglione per inaugurare centro commerciale confiscato a Grigoli e al boss latitante. Oggi intanto notizia di ulteriore aggressione ai patrimoni contro cognato e sorella del capo mafia ricercato dal 1993

Tante notizie in un solo giorno. Ma continua a mancare la più importante. Oggi a Castelvetrano arrivano il ministro degli Interni, Angelino Alfano e il prefetto Umberto Postiglione a capo dell’agenzia nazionale dei beni confiscati. Appuntamento alle 17 dinanzi a quello che era il “gioiello” dell’impero commerciale appartenuto all’imprenditore Giuseppe Grigoli e al boss latitante Matteo Messina Denaro, il “Belicittà”, che si trova appena fuori dall’autostrada A29. Un ipermercato che si è afflosciato dopo il sequestro e la confisca. Faceva capo al gruppo 6Gdo e al marchio Despar che erano in mano a Grigoli e a Messina Denaro. Una impresa dichiarata fallita, 500 lavoratori sono rimasti senza occupazione. La mafia può avere messo in piedi il suo solito piano, quello cioè di affossare le imprese confiscate, d’altra parte con i complici che mantiene nella cosidetta “area grigia” e tra i cosidetti “colletti bianchi” non è cosa non facile a farsi. Ci sono stati precedenti che hanno dimostrato questa capacità di Cosa nostra. Intanto però per la mala-amministrazione del gruppo 6Gdo il Tribunale delle Misure di prevenzione ha messo “sotto processo” l’amministratore giudiziario dott. Nicola Ribolla. Caso più unico che raro. Oggi Alfano e Postiglione vengono ad ufficializzare il passaggio dell’impero di Grigoli e Messina Denaro alla società commerciale che in Sicilia gestisce il marchio Sisa. “Belicittà” resterà un ipermercato e cambierà però nome si chiamerà “Le Egadi”. I lavoratori? Intanto 40 torneranno al lavoro, gli altri dovranno aspettare. E forse per questo Alfano e Postiglione non riceveranno tanti “appalusi”.

Festeggia invece già il sindaco di Castelvetrano avv. Felice Errante. La visita del ministro Alfano lo inorgoglisce e ha subito ricordato che è la prima volta che un ministro dell’Interno arriva a Castelvetrano. Forse è una visita in ritardo. Non se ne può far colpa ad Alfano ma a Governi che hanno sempre sottovalutato lo “zoccolo duro” che la mafia mantiene in questa provincia siciliana. A Trapani “c’è la mafia economica” andavano dicendo Falcone e Borsellino, e sono stati ammazzati, a Trapani mafia e massoneria stanno assieme, sosteneva il capo della Mobile Saverio Montalbano, ed è stato trasferito, a Trapani la mafia è dentro le banche, spiegava un altro capo della Mobile, Rino Germanà, è i mafiosi hanno cercato di ammazzarlo e non riuscendoci lo Stato, il Governo, nel 1992, lo hanno per sempre portato via da quelle indagini e dalla Sicilia, “quando eravamo ad un passo da Matteo Messina Denaro ci è stato detto di fermarci e fare gli arresti dei complici, familiari compresi” ha sostanzialmente detto in Tribunale a Marsala (la trascrizione non è letterale ma tradotta può essere questa) l’ex capo della Mobile Giuseppe Linares adesso mandato in Campania ad occuparsi di camorra.La “caccia” al boss continua, ci sono altri bravi investigatori in campo, ma spesso il Viminale dimentica se non trasferisce questi suoi uomini lasciandoli anche “a secco”.

C’è da festeggiare allora per l’arrivo di Alfano? Forse magari c’è da chiedere ragione del perché ancora oggi non si riesce ad arrestare il “fantasma del Belice”, quel Matteo Messina Denaro che con le mani sporche del sangue di tanti morti ammazzati, “tanti da riempirci un cimitero” – frase pronunciata con visibile piacere dal boss – adesso dirige società e imprese attraverso prestanome che ad uno ad uno adesso cadono ma ce ne sono altri che risorgono. Manca quindi tra le notizie di oggi quella più importante, la cattura del boss. Qui a Castelvetrano augurarsi che il capo mafia sanguinario ed assassino venga presto arrestato può causare tremende vendette: ne sa qualcosa l’architetto Pasquale Calamia che dicendo questa cosa in Consiglio comunale si è visto bruciare la casa. Allora meglio non parlare di mafia e di Messina Denaro tranne che per le parate e le sfilate. A Castelvetrano c’è una donna imprenditrice che ha detto di no al racket, ha girato le spalle al cugino del latitante Mario Messina Denaro che voleva denaro preso dalla cassa della struttura sanitaria Hermes gestita da Elena Ferraro. Bene: tutti contenti e felici dell’azione della Ferraro però poi il Comune si è dimenticato di costituirsi in tempo parte civile nel processo, lo ha fatto a dibattimenti iniziati e ha perduto per strada quello contro il cugino del boss, da tempo si attende una convocazione straordinaria del Consiglio comunale dedicato alla lotta alla mafia, ma anche questo è nel dimenticatoio. C’è allora davvero da festeggiare? A voi che leggete la risposta. Frattanto oggi c’è anch la notizia della confisca che colpisce la sorella e il cognato di Matteo Messina Denaro: Anna Maria e Vincenzo Panicola, marito e moglie.

Le imprese di Vincenzo Panicola facevano le pulizie a Belicittà e hanno continuato a farlo anche dopo il sequestro. Ci si è accorti in ritardo che i parenti del boss giravano ancora per gli uffici del centro commerciale. Marito e moglie adesso sono in carcere, il patrimonio, centinaia di migliaia di euro è confiscato, la Dia di Trapani ha trovato società e denari della coppia, società operanti nei settori della manutenzione di impianti di produzione, installazione, distribuzione e utilizzo dell’energia elettrica; delle costruzioni edili e stradali; dei lavori di pulizia in genere come la Vieffegi service ed ancora Vieffegi impianti, Soropa costruzioni. Bene! Adesso attendiamo il seguito e attendiamo che Alfano non solo annunci ma concretamente operi per rafforzare la frontiera antimafia del trapanese con uomini e mezzi, che affianchino le donne e gli uomini delle forze dell’ordine che da tempo nonostante tutto fanno in modo egregio il loro lavoro. Si sgombri così il campo dal sospetto dell’esistenza di un’altra “trattativa” che per adesso garantirebbe la latitanza del capo di Cosa nostra trapanese che è non l’ultimo ma il primo dei problemi di questa terra bella quanto martoriata…anche dalle passerelle!

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.