E’ stata portata in Appello la sentenza, in primo grado, che in parte prescrive e in parte assolve il Senatore Antonino D’Alì dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. La richiesta è stata emessa dal sostituto procuratore generale di Palermo Anna Maria Leone, e dai pubblici ministeri della Dda di Palermo, Paolo Guido e Andrea Tarondo. I giudici hanno appellato la sentenza emessa a Settembre 2013, dal gup Gianni Francolini, che assolveva l’ex sottosegretario all’Interno per i fatti contestati fino al 1994, per via della prescrizione, mentre per quelli avvenuti dopo è arrivata l’assoluzione.
La sentenza fu pronunciata a seguito di un complesso processo, avvenuto con il rito abbreviato, svolto a porte chiuse. Fu lo stesso Senatore ha chiedere il divieto d’accesso da parte dei giornalisti nell’aula giudiziaria. In quell’aula i pm chiedevano una condanna a 7 anni e 4 mesi.
L’accusa per il Senatore, attualmente sempre più vicino a Forza Italia, è quella che riguarda i suoi legami con la famiglia mafiosa dei Messina Denaro. Proprio durante la sua prima elezione del 1994, per il gip dell’epoca veniva considerato un politico a disposizione della potente famiglia mafiosa di Castelvetrano. Sebbene queste vicende sembrerebbero gravissime, la prescrizione viene applicata per legge, scagionando l’imputato dalla pesante accusa. Assoluzione che, secondo il giudice Francolini, vale anche per gli altri capi d’accusa successivi al periodo di prescrizione. Fatti che secondo il magistrato non risulterebbero supportati da prove sufficienti, sebbene quasi tutti i reati contestati girano intorno a connessioni tra mafia, politica e affari.
Tante le motivazioni portate in appello e altre potrebbero aggiungersi ancora. Tra queste anche la possibilità di ascoltare come teste il sacerdote Ninni Treppiedi e i collaboratori di giustizia Giovanni Ingrasciotta e Nino Birrittella. Infine, ci sarà da chiarire anche quanto scoperto a fine del primo procedimento giudiziario in merito ad alcuni “consigli” rivolti ai testimoni, da parte di soggetti terzi, di non rivolgere accuse contro il parlamentare.
Adesso tutto verrà vagliato dai giudici della Corte D’Appello che potrebbero riaprire il caso proprio sulla base di quanto non è stato chiarito in primo grado.