In Appello aumentata la pena a Riccardo Rallo. Il 2 aprile 2011 provocò con la sua auto apposta uno scontro travolgendo il giovane che lo precedeva su uno scooter
La Corte di Appello di Palermo ha riformato la sentenza di condanna inflitta in primo grado a Riccardo Rallo, 23 anni, colpevole della morte del sedicenne Marco Di Vita, vittima di un incidente. Il fatto è accaduto a Trapani, nella centrale via Piersanti Mattarella, il 2 aprile del 2011. La condanna inflitta è stata di 5 anni e 4 mesi. Rallo in primo grado era stato condannato ad una pena inferiore, 2 anni e 8 mesi per omicidio colposo. Adesso i giudici di Appello hanno riformato l’imputazione in violenza privata ma hanno riconosciuto la dolosità del gesto. Rallo guidava un’auto che seguiva il giovane Di Vita che era a bordo di uno scooter. Dolosamente per i giudici d’Appello ha eseguito una manovra fatta apposta per indurre Di Vita a spostarsi verso il muro di cinta della Caserma Giannettino, muro che costeggia la strada teatro dell’incidente. Lo scontro contro quel muro è costato la morte del ragazzo. Il procuratore generale aveva chiesto la condanna di Rallo a dieci anni di reclusione per omicidio volontario. Nel corso delle indagini è stato acquisito il filmato delle telecamere del sistema di videosorveglianza che hanno ripreso l’accaduto per intero. Le immagini hanno filmato l’incidente, e si vede il giovane Di Vita spinto verso il muro dall’auto che lo seguiva che per far questo ha fatto una precisa manovra, sterzando improvvisamente a destra e abbandonando la condotta diritta sino a quel momento seguita. Durante il processo di appello i giudici hanno fatto eseguire ai periti la ricostruzione dell’accaduto proprio sul luogo dello scontro nelle stesse circostanze di tempo e di ora, dopo che l’imputato aveva detto di non avere visto il ragazzo investito. I periti su questo lo hanno smentito, Rallo non può non aver visto. I familiari della vittima, assistiti dagli avvocati Giovanni Di Benedetto, Stefano Pellegrino e Gino Bosco, si sono costituiti parte civile. La parte civile ha anche fatto rilevare alla corte che alcuni dei testi sentiti nel processo a difesa dell’imputato, in qualche modo presenti al momento dell’incidente costato la vita al sedicenne Dio Vita, non sarebbero estranei ad altre scorribande stradali pericolose, una di queste successivamente alla morte di Di Vita, ha ancora causato un incidente mortale.