Confisca da 26 milioni di euro, colpito un altro imprenditore fidato del boss Matteo Messina Denaro

Matteo-Messina-Denaro-in-una-vecchia-fotoTolti beni immobili e imprese al pacecoto Michele Mazzara. Intercettato anche a discutere della realizzazione di un documentario su Trapani, che doveva servire a dire che “la mafia non esiste”

Non è solo una confisca, seppure economicamente consistente. È l’ennesima spia di un sistema economico malato nel quale gli imprenditori nonostante tutto e nonostante le condanne continuano ad andare a braccetto con i mafiosi. E a volte mafiosi lo sono essi stessi. Ma si tratta di un’imprenditoria “malata” che spesso nulla potrebbe fare senza la compiacenza della politica. Michele Mazzara, nato a Paceco 55 anni fa, nel corso di un trentennio si sarebbe trasformato da semplice agricoltore a mente economica del clan mafioso trapanese.

Quello guidato da Matteo Messina Denaro. Mazzara avrebbe investito i soldi dei boss per accumulare un impero economico da 26 milioni di euro fra alberghi (c’è pure un quattro stelle a San Vito Lo Capo, il Panoramic), imprese edili e agricole, terreni, fabbricati e residenze per gli anziani. Un lungo elenco di beni finito dapprima sotto sequestro preventivo su richiesta della divisione anticrimine della questura di Trapani e del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza. Le indagini patrimoniali di Polizia e Fiamme Gialle hanno evidenziato l’esistenza di “inquietanti agganci del Mazzara, direttamente o per il tramite dell’ingegnere Salvatore Alestra (ex direttore dell’ato e oggi sotto processo a Marsala per la presunta gestione illecita della raccolta dei rifiuti) con il mondo della politica trapanese”. Alestra a suo tempo ha replicato dicendo di “non avere interessi economici in comune con Mazzara”. Gli investigatori e adesso i giudici hanno delineato l’esistenza di “strategie concordate per la competizione elettorale nel  Comune di Paceco (alle ultime amministrative Mazzara d’accordo con un altro capo mafia locale, l’insegnante Filippo Coppola si sarebbero dati da fare per scegliere le candidature ndr)  e i rapporti costanti con Giuseppe Maurici, ex deputato regionale di Forza Italia, candidato sindaco alle ultime amministrative a Trapani con una coalizione che ha v isto insieme pezzi del centrodestra e del centrosinistra.

Michele MazzaraL’on. Maurici, che nel rapporto investigativo viene chiamato in causa per i rapporti con Mazzara anche per il ruolo avuto di presidente del consorzio per l’area di sviluppo industriale di Trapani, dalle intercettazioni depositate nel processo per l’applicazione a Mazzara della misura di prevenzione, apparirebbe a conoscenza della attività occultamente svolta dal Mazzara.

panoramicAnche l’on. Maurici a suo tempo ha tenuto a fare alcune precisazioni e cioè di  “non avere mai avuto alcun legame, né amicale né economico, né di cointeressenza in vicende illecite”. Michele Mazzara viene considerato una delle menti economiche del clan mafioso trapanese. Il suo nome è una costante di molte indagini degli ultimi anni. A cominciare dal ‘97, quando è stato arrestato per favoreggiamento della latitanza del capo mafia di Trapani e del super boss Matteo Messina Denaro. Accusa che ha patteggiato con una condanna a 14 mesi. Allora non era un imprenditore ricco, è cominciato a esserlo negli a seguire . “Nonostante la condanna – si legge negli atti giudiziari che hanno accompagnato la confisca odierna – ha rafforzato, negli ultimi anni, la propria posizione nell’organigramma del mandamento mafioso di Trapani (dopo aver subito il sequestro preventivo dei beni è stato arrestato nell’ambito di una delle più recenti operazioni antimafia, ed è oggi sotto processo dinanzi al Tribunale di Trapani ndr)  divenendo l’ispiratore occulto di diverse iniziative imprenditoriali per la realizzazione di speculazioni immobiliari e l’allestimento di alberghi e strutture ricettive nelle popolari località estive di San Vito Lo Capo e Castelluzzo-Makari, di edilizia privata nella zona del comune di Paceco e di Trapani, nonché – si legge ancora – di numerosi opifici per l’ammasso di cereali e olio, oltre che di acquisizione di vastissime proprietà”.

L’elenco della confisca comprende 99 beni immobili, fra case e terreni, otto macchine, 86 tra conti correnti e rapporti bancari e tre società: la Azienda siciliana alberghiera che gestiva l’hotel Panoramic di San Vito, l’impresa di costruzione Francesco & Vincenzo Nicosia, e la Villa Esmeralda snc di Di Salvo Piacentino Giuseppa & C che si occupa di assistenza agli anziani. Dalle analisi dei conti bancari è emerso che dalla metà degli anni ‘90 Mazzara e la moglie hanno avuto movimenti nell’ordine di milioni di euro. Tra gli aspetti curiosi venuti fuori dalle indagini condotte su Michele Mazzara c’è quello relativo alla produzione e messa in onda di un documentario su Trapani, presso una emittente televisiva locale. Francesco Fabiano, nipote di Mazzara, è risultato essere interessato alla realizzazione di un programma televisivo sulla provincia di Trapani. “Un programma molto importante”, lo definivano Mazzara e Fabiano, i quali discutendo dicevano che il progetto televisivo doveva passare al vaglio del senatore Antonio D’Alì. Mazzara avrebbe tentato di contattare il senatore D’Alì tramite il consigliere comunale Salvatore La Pica. L’incontro però tra Mazzara e il parlamentare trapanese però  non è mai avvenuto e il programma, che sarebbe dovuto servire a fare passare il messaggio sull’inesistenza della mafia, non è stato realizzato. Ma è interessante il disegno che seppur non realizzato ancora una volta evidenzia un ruolo dell’informazione giornalistica che per certi versi e in certi casi appare facilmente avvicinabile dai clan mafiosi trapanesi.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.