Il primo cittadino di Castelvetrano commemora l’attentato di via D’Amelio scrivendo una lettera indirizzata al procuratore Paolo Borsellino. Però forse è necessario che dica ai vivi come stanno le cose nella sua amministrazione
Alla fiera delle vanità non ha voluto mancare. E lo ha fatto a suo modo scrivendo una lettera al procuratore Paolo Borsellino, per rivendicare una linea profondamente legata alla legalità della sua amministrazione. A scrivere è stato l’avv, Felice Errante jr, sindaco di Castelvetrano. “Anche nella mia città, contraddittoria e complessa, ancora malvista dai più, – scrive Errante – sono cambiate molte cose, da più di venti anni, infatti, si è intrapreso un cammino di legalità e di rispetto per le regole dal quale non si torna indietro. Mai più la mafia dovrà allignare tra queste vie, mai più i furbetti o i disonesti potranno avere diritto di cittadinanza. Mi piace pensare che la mia Castelvetrano oggi le sarebbe piaciuta. Da anti mafiosi, quali noi ci consideriamo, abbiamo portato avanti una serie di iniziative improntate allo sviluppo, non solo di una nuova coscienza nei nostri giovani, ma anche nella ricerca e tutela di posti di lavoro in un momento di crisi economica senza precedenti dal dopoguerra ad oggi. Ci perdoni l’ardire, ma siamo convinti che tra l’antimafia parolaia, fatta spesso di convegni e cortei, anch’essi importanti per carità, lei avrebbe apprezzato la nostra, quella dei fatti concreti, quella della compostezza, quella della intransigenza ad ogni bieco compromesso, quella della trasparenza, quella che lascia sul territorio e dentro le persone semi importanti”. La lettera per intero la riportiamo a parte, perchè è giusto che chi ha voglia e desiderio di conoscere possa conoscerla per intero. Noi ci fermiamo a quest’ultimo passaggio: ” Magari accade che alcuni cittadini, o certi opinionisti politicizzati o che vivono una realtà virtuale, piuttosto che fermarsi a vedere le tante cose che sono state fatte in tale direzione, preferiscano soffermarsi su quelle che sono ancora da fare, ma ci sta”. Ecco siccome questa è anche la nostra pasta, cioè andare a cercare le cose non fatte per accompagnare però le cose fatte, quando fatte bene, vogliamo scrivere partendo da quest’ultimo passaggio. E rivolgiamo, senza indugi, accettando il rischio di passare per quello che non siamo, “opinionisti politicizzati” o soggetti che vivono “una realtà virtuale”, un invito al sindaco Errante perchè scriva anche ai vivi. Spiegando alcune cose. Noi le abbiamo messe in una sorta di elenco.
A pochi giorni dal suo insediamento il sindaco Errante si presentò pubblicamente ripetendo ogni volta che ha potuto farlo una sua precisa convinzione, “Matteo Messina Denaro (il capo mafia castelvetranese latitante dal 1993) non è il primo dei problemi”. Non erano ancora arrivati i giorni delle operazioni antimafia che hanno dimostrato come a Castelvetrano era viva e vitale un clan fatto anche di insospettabili, al servizio del boss. La pensa ancora in questo modo? E pensa che il procuratore Paolo Borsellino le avrebbe detto bravo per queste sue dichiarazioni?
Sempre nel corso della sua amministrazione, pochi mesi dopo l’insediamento, l’organizzazione Libera le chiese di consegnare la cittadinanza onoraria al prefetto Fulvio Sodano, all’epoca ancora in vita, ritenendo che l’azione di quel prefetto non si è discostata molto dall’impegno profuso da altri servitori dello Stato come il prefetto Antonio Manganelli, Capo della Polizia, insignito della cittadinanza onoraria poco tempo prima di una prematura morte e al quale si è anche dedicata una strada (poco importa se è una strada senza uscita e che di colpo fatti pochi metri si interrompe in piena campagna). Lei disse di no a quella richiesta di Libera perpetuando il passa parola di chi a Trapani ha visto quel prefetto come fumo negli occhi, e cioè che quella cittadinanza onoraria sarebbe stata usata politicamente.
Dicevamo delle operazioni antimafia che sono entrate fin dentro il Consiglio comunale di ieri e di oggi, per l’arresto, e la condanna, di due esponenti politici, Santo Sacco e Lillo Giambalvo. Su Giambalvo prima dell’arresto pesano ancora le sue parole signor sindaco, quando salutò l’ingresso in Consiglio di Giambalvo come qualcosa di utile per la sua amministrazione. Si scoprirà che intanto Giambalvo, certamente “a sua insaputa”, parlava molto bene dei Messina Denaro, dicendosi pronto a finire anche in cella per il buon nome dei Messina Denaro, «e se dovessi rischiare a metterlo in macchina e fallo scappare, io rischierei. Perché io ci tengo a queste cose. Mi farei per lui 30 anni di carcere» e ne parlava con un consigliere rimasto in carica, tale Francesco Martino, anche lui pare (secondo le intercettazioni) ben disposto con il clan mafioso «Io una volta l’ho visto (don Ciccio Messina Denaro ndr), mi piaceva come personaggio».
E a proposito di amministrazione. Lei ha parecchio pubblicizzato la revoca della licenza commerciale rilasciata dal Comune al cognato di Matteo Messina Denaro, Gaspare Como. A parte il fatto che secondo si è appreso, fu la Dia a porre al Comune il problema, le si chiede se ha indagato amministrativamente a fondo per sapere come è stato possibile rilasciare quella licenza commerciale.
Anche per quanto riguarda i processi che per via degli imputati hanno toccato l’amministrazione, vorremmo sapere come è potuto accadere che il suo Comune non si sia costituito parte civile nel processo dove era imputato di mafia ed estorsione il cugino del boss latitante, Mario Messina Denaro, quello che si presentò dalla imprenditrice Elena Ferraro dicendole, “buongiorno sono Messina Denaro“, il buon Totò avrebbe chiosato, “e ho detto tutto“.
Infine la invitiamo a dirci quali controlli sono stati fatti, se sono stati fatti, sulle imprese di fiducia. Perchè abbiamo l’impressione che qualche impresa in quell’elenco pubblicato sul sito della sua amministrazione, non dovrebbe starci. Le diamo un doppio aiuto alla memoria,http://www.ansa.it/sicilia/
Scriva dunque a noi vivi e ci renda partecipi, se lo vorrà, di come vanno davvero le cose nel suo Comune e nella sua amministrazione. Ma di una cosa siamo convinti. E’ vero come dice lei, la sera ella si ritira a casa convinto di aver tenuto la schiena dritta e avere fatto fino in fondo il suo dovere. Non abbiamo ragione di mettere in dubbio ciò che lei dice, ma le assicuriamo anche che le domande poste vogliono essere un aiuto per uscire dall’isolamento che lei racconta di vivere, isolamento che può piacere solo ai mafiosi.
Lettera integrale del sindaco Errante a Paolo Borsellino