Caso Treppiedi, la Procura chiude un primo capitolo. Don Ninni 1 ex Vescovo 0.

Treppiedi MiccichèDissequestrata l’ex canonica della Chiesa Madre di Alcamo, smentito  mons. Miccichè: “non è stato commesso alcun falso”.

Il provvedimento emesso dalla Procura è del 16 luglio scorso, riguarda il dissequestro dell’ex canonica della Chiesa Madre di Alcamo, venduta a tali Giuseppe Cottone e Dario De Blasi. Quella vendita era uno dei capitoli della denuncia presentata a suo tempo dall’allora vescovo Francesco Miccichè contro il suo ex braccio destro, don Ninni Treppiedi. Mons. Miccichè sostenne di avere subito una serie di raggiri da parte di don Treppiedi, di avere subito la falsificazione della propria firma su diversi atti, quella querela contribuì a fare aprire un procedimento penale contro don Treppiedi, per una serie di reati anche gravi. Oggi però si può dire che l’inchiesta contro don Treppiedi si è quasi del tutto sgonfiata e che a dire le bugie non è stato don Treppiedi ma per la Procura il bugiardo sarebbe proprio l’ex vescovo. Il provvedimento di dissequestro dell’ex canonica della Chiesa madre di Alcamo, deciso perché “il quadro indiziario ha subito un notevolissimo affievolimento…le dichiarazioni del Miccichè si sono rilevate di scarsa attendibilità”, alza quasi il velo che copriva la conoscenza del contenuto dell’indagine avviata come conseguenza della querela dell’ex vescovo di Trapani mons. Francesco Miccichè.

Per la Procura l’ex vescovo Miccichè ha mentito sapendo di mentire. E nel descrivere i passaggi investigativi sulla faccenda “Miccichè contro Treppiedi”, il procuratore Marcello Viola e il pm Paolo Di Sciuva rammentano come nel frattempo mons. Miccichè è finito indagato, dalla stessa procura di Trapani, per l’appropriazione di fondi dell’8 per mille e di beni ecclesiastici provenienti dalla fondazione Auxilium e da altri enti territoriali ecclesiastici. A primo acchito viene da dire che probabilmente per la Procura quella denunzia presentata dall’ex vescovo Miccichè contro don Ninni Treppiedi non sarebbe stata altro che il, maldestro, tentativo di nascondere proprie malefatte, descrivendo come il cattivo della situazione don Ninni Treppiedi. Ma contro Miccichè ci sarebbe anche il contenuto di un provvedimento emesso dal vaticano, dalla Congregazione del Clero. E’ da questo ufficio pontificio che arriverebbe la smentita più pesante alle dichiarazioni rese dall’ex vescovo in Procura. I magistrati oggi non mostrano dubbi: obiettivo di mons. Miccichè “era quello di far perseguire don Treppiedi in sede giudiziaria, screditandolo nel contempo in sede canonica”.

La denuncia di mons. Miccichè. Vale la pena ricordare il contenuto della querela. Il vescovo Miccichè nel giugno 2011 andò in Procura attribuendo a don Ninni Treppiedi una serie di reati commessi, tra il 2007 e il 2011 quale amministratore straordinario di tre parrocchie di Calatafimi e come parroco della Chiesa Madre di Alcamo. In sostanza mons. Miccichè denunziò la vendita “a sua insaputa” di una serie di immobili, disconoscendo come propria la firma apposta in calce ai relativi atti di autorizzazione a vendere. Don Treppiedi avrebbe venduto per ottenere guadagni illeciti e in Procura l’ex vescovo portò anche un testimone, un certo Giuseppe Foderà. Insomma mons. Miccichè si mostrò ai magistrati come un “soggetto gabbato” al quale don Ninni Treppiedi “aveva carpito la buona fede”. Don Ninni Treppiedi veniva descritto dall’ex vescovo come una sorta di “truffatore di professione”. A favore di Miccichè furono raccolte una serie di testimonianze dalla Procura, quelle del Foderà, dal vicario Liborio Palmeri e dalla responsabile dell’ufficio stampa della Diocesi, Lilli Genco. Ora però la svolta: a conclusione di questa parte di indagini relativi all’ex canonica di Alcamo sui testimoni è negativo il giudizio della Procura: “sembrarono complessivamente accreditare il quadro descritto da Miccichè…ben altro contributo avrebbero potuto dare ai fini dell’accertamento della verità”. Sulla base anche di queste testimonianze fu disposto dalla Procura il sequestro dell’ex canonica. Oggi il dissequestro e non solo perché quella querela contro don Treppiedi e le testimonianze rese non sono risultate veritiere.

Le indagini. Mons. Miccichè è risultato avere rappresentato fatti inattendibili. Ci sono intanto le dichiarazioni rese alla magistratura da don Treppiedi. C’è poi il contenuto del provvedimento di condanna in sede canonica (per omessa rendicontazione) di don Treppiedi, e i pm evidenziano: ”mons. Miccichè avrebbe raccontato e prospettato fatti e dati diversi nelle diversi sede giudiziarie , quella canonica e quella della giustizia italiana”. “Mons. Miccichè ha attestato alla Congregazione del Clero l’esatto contrario di quanto denunziato in sede penale, evidentemente confidando nella difficile comunicabilità tra i due diversi organismi giudiziari”. Fatti dichiarati come scoperti nel 2011 erano a conoscenza dell’ex vescovo già nel 2009. Nel provvedimento pontificio risulta addirittura che il vescovo Miccichè aveva totalmente difeso l’operato di don Treppiedi quale amministratore canonico delle parrocchie di Calatafimi, rispondendo a lamentale avanzate da un sacerdote di quelle parrocchie. Agli atti d’indagine pesa parecchio il decreto della Congregazione del clero dove nero su bianco si attesta che mons. Miccichè dichiarò regolare tutto quello che in sede penale, dinanzi ai pm della Procura, sostenne, contro don Treppiedi, essere irregolare e illegittimo. Altro che “senso di legalità”, come rivendicato da mons. Miccichè, “siamo dinanzi ad una premeditata strategia ispirata da fini diversi dal dichiarato senso di legalità”, si legge così nel provvedimento di dissequestro dell’ex canonica di Alcamo.

I retroscena. Presentatosi ai pm di Trapani mons. Miccichè sostenne che la visita apostolica nel frattempo disposta dal Vaticano nei confronti della Diocesi di Trapani era una conseguenza della sua decisione di rivolgersi alla giustizia penale italiana. Posizione che aveva dichiarato anche incontrando i giornalisti. E invece quella visita apostolica “non sarebbe stata altro che il frutto di una verifica avviata dopo denunce presentate alle autorità canoniche da parte di don Treppiedi e del collaboratore diocesano Vincenzo Basiricò”. La Procura di Trapani ha accertato che mons. Miccichè “era a conoscenza di quelle denunce per avere ricevuto copia degli atti compiuti dalla Nunziatura apostolica”. Quella querela per i pm “non era altro che una conseguenza del suo rancore contro don Treppiedi” che era andato a denunciarlo al Nunzio apostolico. Rancore che mons. Miccichè aveva taciuto ai magistrati trapanesi. Il giudizio odierno dei pm è pesante contro l’ex vescovo: “avrebbe tentato di strumentalizzare la giustizia penale”. “Mons. Miccichè è inattendibile”.

L’ex canonica di Alcamo. La vendita fatta il 30 agosto 2010 in favore di Dario de Blasi, immobile che mons. Miccichè sostenne non sapere di cosa si trattasse, fu compiuta in modo regolare e l’ex vescovo sapeva di cosa si trattava. Se violazioni ci sono risiedono solo nel diritto canonico, “ma quelle violazioni procedurali canoniche risultano standard nella gestione Miccichè”. Ed oggi il nuovo vicario della Diocesi, don Alessandro Damiano, sentito anche lui dai pm, ha asserito che la vendita dell’ex canonica è stata condotta con l’applicazione di un congruo prezzo e che non c’è alcun interesse della Diocesi a riavere la proprietà dell’immobile. Cadute dunque eventuali ipotesi di contrasto tra aventi diritto, al Procura ha proceduto al dissequestro dell’immobile. E a consegnare all’opinione pubblica un primo pezzo di verità sul caso Treppiedi.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.