Caro sindaco Errante ci scusi ma insistiamo con le nostre domande

Felice Errante

Non ci sono questioni personali e non ci sono ragioni diverse dal nostro dovere di informare. La mafia nel Belice ha caratteristiche che la legano profondamente a pezzi della società rispetto alle quali è grave essere disattenti

Nei giorni scorsi il sindaco di Castelvetrano Felice Errante ci ha indirizzato una risposta ad un nostro articolo. L’avete potuta leggere per intero, come l’abbiamo letta noi. Siamo contenti che il sindaco Errante abbia deciso di non dar conto a chi gli dava consiglio a non replicare, così come siamo contenti di avere raccolto la sua promessa ad essere nostro attento lettore. Un paio di cose però subito le vogliamo dire e cioè tranquillizzare l’avv. Felice Errante che non ci sono di mezzo questioni personali, non c’entrano nè la simpatia nè l’antipatia, e quindi il suo incipit – “egregio signor Rino Giacalone, che io non Le stia simpatico è noto….” – e non ho titoli per esprime stima quanto disistima – “Che Ella non abbia stima nei miei confronti, è anche questa circostanza nota. Tuttavia me ne farò una ragione… “- nè tantomeno distribuire patenti stando seduto su piedistalli perchè non conosco piedistalli. Ci creda o meno, così è se Le pare. Ribandiamo ciò che di solito facciamo e cioè raccontare cosa accade. E indubbiamente scrivendo di Castelvetrano siamo andati con maggiore attenzione con i piedi di piombo perchè si tratta di raccontare un territorio dove più di altri non ci è consentito sbagliare. Ma questo lo facciamo prima ancora perchè ce lo chiede Lei, perchè ci viene chiesto dai magistrati, dai giudici, dagli investigatori che si occupano da decenni di riuscire a snidare il boss sanguinario e assassino Matteo Messina Denaro. Sappiamo che a Castelvetrano la maggiorparte della gente non è mafiosa così come non lo è la maggiorparte dei siciliani, ma sappiamo che in qualche modo la minoranza di mafiosi con l’ausilio di complici che non sono sventurati quanto parecchio responsabilmente collusi, è riuscita a sporcare la bellezza della nostra terra. Lo diceva Paolo Borsellino al cui anniversario della sua troce morte tanti sono pronti a battersi il petto, per dimenticarsene il giorno dopo e per i 364 giorni successivi sino all’altro anniversario. Noi la pensiamo come don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera, che ad ogni utile occasione ci ricorda che “è necessario conoscere per essere corresponsabilmente consapevoli”, perchè “le mafie sono parte del nostro mondo…non sono entità esterne o estranee”. Ed allora facciamo il nostro lavoro perchè la conoscenza si quanto più diffusa. La mafia di Matteo Messina Denaro ha una caratteristica che altre mafie non hanno allo stesso modo, “il consenso non arriva dal popolino ma dalla borghesia”, e queste sono parole del procuratore aggiunto Teresa Principato che non rappresentano altro che la sintesi che alcuni giornalisti, e noi tra questi, raccontano, compreso Saverio Lodato che è una delle più importanti firme del giornalismo italiano e che Lei ha voluto tacciare come “tale”: come avrebbe risposto se a darle del tale saremmo stati noi giornalisti? Lei ha promesso di leggerci, ci auguriamo che lo faccia davvero ed allora le riproponiamo alcune domande aggiungendone di nuove e attenderemo le risposte, ma non per fare inutili polemiche ma per chiarire come stanno le cose.

A pochi giorni dal suo insediamento si presentò pubblicamente ripetendo ogni volta che ha potuto farlo una sua precisa convinzione, “Matteo Messina Denaro non è il primo dei problemi”. Non erano ancora arrivati i giorni delle operazioni antimafia che hanno dimostrato come a Castelvetrano era viva e vitale un clan fatto anche di insospettabili, al servizio del boss. La pensa ancora in questo modo? E pensa che il procuratore Paolo Borsellino le avrebbe detto bravo per queste sue dichiarazioni?

Sempre nel corso della sua amministrazione, pochi mesi dopo l’insediamento, l’organizzazione Libera le chiese di consegnare la cittadinanza onoraria al prefetto Fulvio Sodano, all’epoca ancora in vita, ritenendo che l’azione di quel prefetto non si è discostata molto dall’impegno profuso da altri servitori dello Stato come il prefetto Antonio Manganelli, Capo della Polizia, insignito della cittadinanza onoraria poco tempo prima di una prematura morte e al quale si è anche dedicata una strada (poco importa se è una strada senza uscita e che di colpo fatti pochi metri si interrompe in piena campagna). Lei disse di no a quella richiesta di Libera perpetuando il passa parola di chi a Trapani ha visto quel prefetto come fumo negli occhi, e cioè che quella cittadinanza onoraria sarebbe stata usata politicamente.

Dicevamo delle operazioni antimafia che sono entrate fin dentro il Consiglio comunale di ieri e di oggi, per l’arresto, e la condanna, di due esponenti politici, Santo Sacco e Lillo Giambalvo. Su Giambalvo prima dell’arresto pesano ancora le sue parole signor sindaco, quando salutò l’ingresso in Consiglio di Giambalvo come qualcosa di utile per la sua amministrazione. Si scoprirà che intanto Giambalvo, certamente “a sua insaputa”, parlava molto bene dei Messina Denaro, dicendosi pronto a finire anche in cella «e se dovessi rischiare a metterlo in macchina e fallo scappare, io rischierei. Perché io ci tengo a queste cose. Mi farei per lui 30 anni di carcere» e ne parlava con un consigliere rimasto in carica, tale Francesco Martino, anche lui pare (secondo le intercettazioni) ben disposto con il clan mafioso «Io una volta l’ho visto (don Ciccio Messina Denaro ndr), mi piaceva come personaggio».

E a proposito di amministrazione. Lei ha parecchio pubblicizzato la revoca della licenza commerciale rilasciata dal Comune al cognato di Matteo Messina Denaro, Gaspare Como. A parte il fatto che secondo si è appreso, fu la Dia a porre al Comune il problema, le si chiede se ha indagato amministrativamente a fondo per sapere come è stato possibile rilasciare quella licenza commerciale.

Anche per quanto riguarda i processi che per via degli imputati hanno toccato l’amministrazione, vorremmo sapere come è potuto accadere che il suo Comune non si sia costituito parte civile nel processo dove era imputato, e poi condannato, di mafia ed estorsione il cugino del boss latitante, Mario Messina Denaro, quello che si presentò dalla imprenditrice Elena Ferraro dicendole, “buongiorno sono Messina Denaro“.

E prendendo spunto dal riconoscimento consegnato al sig. Ignazio Fontana,a cinque mesi dal nuovo arresto del figlio di costui, Giuseppe detto Rocky, accettando, ma non condividendo, la sua spiegazione, “solo per benemerenza”, chiediamo come mai analogo riconoscimento non sia stato concesso all’imprenditrice Elena Ferraro che indubbiamente pur non essendo di Castelvetrano ha dimostrato che a Castelvetrano c’è chi chiuda la porta in faccia ai mafiosi, andandoli anche a denunciare? E restando sempre in argomento Fontana cosa ne pensa del nostro invito perchè il 26 aprile di ogni anno venga dedicato al ricordo di quelle vittime della barbarie mafiosa ordita da Matteo Messina Denaro, abbiamo voluto ricordarLe la tragica e drammatica storia di Nadia e Caterina Nencioni uccise a Firenze, nella strage di via Georgofili, quando avevano 9 anni e 50 giorni.

Nei mesi scorsi è stato reso noto un rapporto della Banca d’Italia che ha segnalato come al 31 dicembre 2014 la raccolta creditizia presso gli sportelli bancari di Castelvetrano è risultata essere pari a 740 milioni di euro, cosa ne pensa a fronte delle evidenti difficoltà a proposito di lavoro che continua a mancare?

Infine la invitiamo a dirci quali controlli sono stati fatti, se sono stati fatti, sulle imprese di fiducia. Perchè abbiamo l’impressione che qualche impresa in quell’elenco pubblicato sul sito della sua amministrazione, non dovrebbe starci. Le diamo un doppio aiuto alla memoria,http://www.ansa.it/sicilia/notizie/2014/10/25/boss-dietro-gestione-cava-stop-regione_18025884-a2eb-49d3-bc76-1374fa0f74cc.html,http://www.tp24.it/2014/10/29/antimafia/e–di-rosario-firenze-la-cava-di-castelvetrano-bloccata-dalla-regione/87051.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.