Per una persona in condizioni fisiche normali i carboidrati dovrebbero costituire il 55-65% della dieta giornaliera. I carboidrati sono principalmente contenuti in pasta, pane, dolci, cereali, vegetali, frutta…e sono assolutamente essenziali per la vita di ogni giorno, perché costituiscono la principale fonte di energia per tutto l’organismo.
Mangiare carboidrati è gratificante, per il palato ma anche per l’anima! E per tale ragione può innescare un circolo vizioso che porta ad assumere sempre più cibo contente carboidrati e a volerne assumere sempre di nuovo: questa particolare dipendenza è chiamata “craving da carboidrati” (dall’inglese “to crave” che significa “desiderare”).
Perché s’innesca questo meccanismo? Quali sono le cause?
Normalmente dopo aver mangiato carboidrati, la concentrazione dello zucchero nel sangue (ossia la glicemia) aumenta. Ciò porta il pancreas a produrre insulina che spinge lo zucchero o glucosio dal sangue all’interno delle cellule dove verrà utilizzato per le varie necessità energetiche delle cellule stesse o per costruire riserve di energia.
Nei soggetti che fanno un largo consumo di carboidrati può succedere che la risposta dell’insulina a ogni aumento della glicemia risulti sproporzionato e questo porta ad un immediato ingresso del glucosio all’interno delle cellule, lasciando la concentrazione di zuccheri nel sangue al di sotto dei valori normali (tale situazione è definita “ipoglicemia”). Ma per il nostro corpo un calo glicemico equivale ad un bisogno di zuccheri, perciò questa risposta esagerata innesca in queste persone lo stimolo a mangiare di nuovo carboidrati nel giro di pochissimo tempo. E il ciclo ricomincia! Inoltre questi sbalzi di glicemia si accompagnano spesso ad uno stato di affaticamento e torpore generale, che porta all’impulso di “dover mangiare qualcosa” anche solo 1-2 ore dopo aver consumato l’ultimo pasto.
Oltre a questo, è indispensabile dire che i carboidrati una volta ingeriti rilasciano nel nostro cervello flussi di serotonina (l’ormone del benessere). Per tale ragione i carboidrati si trasformano in un rifugio segreto in cui star bene e da cui aver conforto. Avendo però tale effetto ed essendo il nostro corpo soggetto a fenomeni di assuefazione, i pasti possono trasformarsi pian piano in insoddisfacenti. In poche parole i carboidrati non bastano mai!
È bene precisare che questa non è una patologia, non esiste una diagnosi da dipendenza da carboidrati, ma è solo un modo per spiegare questa situazione comportamentale e biochimica.
Quali sono i rimedi per spezzare quest’altalena insulina-glicemia-serotonina?
Il primo passo è quello di evitare durante tutta la giornata il consumo di snack ad alto indice glicemico (dolcetti, biscotti, papatine…) o bibite zuccherate e limitare i primi due pasti (colazione e pranzo) ad alimenti ricchi in fibre e proteine che hanno un impatto quasi nullo sulla glicemia e che aiutano ad arrivare non affamati fino a cena. La cena può tradursi in un “pasto ricompensa” in cui si possono consumare corrette porzioni di carboidrati. Si avrà così un solo picco glicemico al giorno e la risposta dell’insulina sarà minore. Dunque, se si resiste all’impulso di “spizzicare qualcosina” durante il dopocena, nel giro di uno o due mesi la risposta ai picchi glicemici sarà di nuovo normale e si potrà ritornare alla solita alimentazione, evitando di attivare nuovamente quei comportamenti alimentari che avevano portato al “craving da carboidrati”.
Adriana Cilia – Biologo Nutrizionista
Gianfranco Pipitone – Biologo Nutrizionista