Il make-up, e l’arte del truccarsi in genere, è una pratica antica quanto la presenza della donna sulla terra. Errato pensare ad una tendenza moderna; quella di abbellirsi, colorare la pelle, accentuare alcuni aspetti e nasconderne altri è una pratica che le nostre antenate conoscevano benissimo. Si utilizzavano materiali naturali ma erano gli esatti corrispettivi dei nostri rossetti, ciprie, ombretti, come mostrano le raffigurazioni delle donne dell’antico Egitto o dell’antica Roma per fare due esempi. Qualcuno, più o meno recentemente, ha parlato di tassa del make-up indicando nella spesa effettuata per i cosmetici una sorta di tributo che le donne devono versare in maniera quasi obbligata per essere in società, ma io suppongo ci sia qualcosa di molto più profondo che porta a scegliere se truccarsi o no, e in particolare se scegliere uno stile piuttosto che un altro.
Truccarsi a volte diventa un segno di identità ed appartenza ad un popolo, ad una data cultura, e questa è una tradizione ancora oggi presente nel Bindi, il puntino rosso che le donne indiane colorano sulla propria fronte e che un tempo indicava il proprio stato civile, l’età e il suo credo religioso. Ma da appartenenza a moda a volte il passo è breve e il fascino di una pratica si trasferisce di paese in paese perdendo il significato originario per acquisirne di nuovi.
Ognuna di noi è diversa esteticamente e psicologicamente ed ognuna decide e sceglie per sè in base alle proprie personali inclinazioni e proprio in virtù di questo potrà esserci chi non esce di casa senza un filo di trucco, con apparente profilo acqua e sapone, e chi non sappia far a meno di raggiungere l’assoluta perfezione prima di mettere piede fuori di casa, o ancora chi in barba a tutto questo decide di non avvalersi affatto dell’arte del make-up.
Non ci sono indicazioni particolari se non quella che “la virtù sta nel mezzo” e cioè che se diventa una pratica che porta via ore ed ore di una giornata, tutti i giorni, e che senza aver, appunto, raggiunto la perfezione, il rischio è quello di non mettere piede fuori di casa allora forse c’è qualcosa di più profondo legato all’accettazione di sè e alla sicurezza che si ripone nelle proprie doti personali. Ma se il make-up è un alleato per affrontare il pubblico in quei giorni, e non solo, in cui un “aiutino” può permetterci di sentirci più sicure grazie a qualche piccolo aggiustamento allora che ben venga.
Diverso è diventare schiavi dall’avere cura di sè avendo a cuore anche la propria immagine esteriore, ma ricordate che la comunicazione passa anche, se non per lo più, attraverso il non verbale e che traspare da quello che scegliamo, o scegliamo di non usare; stiamo comunque e sempre comunicando qualcosa che gli altri possono decidere di leggere, a noi poi la scelta di curarcene o meno.
Una riflessione con cui vorrei concludere questo pensiero di oggi: ma con il make-up che usate o non usate, state pensando ad un immagine di voi per piacervi o per piacere?