Il delitto di Jennifer, un solo imputato…per adesso

BULGARELLA_Alessandro_TpOggiL’omicidio della giovane nigeriana scoperto alla vigilia di Natale 2013 a Custonaci. In Corte di Assise la testimonianza dell’investigatore, il luogotenente dei Carabinieri Vito Cito, che fece luce sul delitto.

Alessandro Bulgarella, il lavapiatti accusato dell’omicidio della giovane nigeriana Bose Uwada, detta Jennifer, trovata senza vita la vigilia di Natale dietro una bancarella rivendita di fiori nei pressi dell’ingresso del cimitero di Custonaci, a vederlo non gli daresti assolutamente alcuna patente di assassino.

Seduto nel settore “blindato” riservato agli imputati , nell’aula della Corte di Assise dedicata al giudice ammazzato dalla mafia, Gian Giacomo Ciaccio Montalto, tiene lo sguardo fisso rivolto ai giudici, senza mai cambiare smorfia, quasi si coglie un sorrisetto, certamente non si mostra particolarmente colpito. Quando i carabinieri indagavano su di lui e lo intercettavano nel frattempo, ben altro era il comportamento, quasi quello di uno specialista del crimine che andava a destra e a manca a inseguire i possibili testi, istruendoli su ciò che dovevano dire se chiamati a dare risposte sul suo conto. Così ha raccontato di lui in una lunga deposizione dinanzi ai giudici della Corte di Assise, presidente Pellino a latere Corso, il luogotenente dei carabinieri, maresciallo del nucleo operativo provinciale, Vito Cito, rispondendo alle domande dei pm Belvisi e Trinchillo.

La donna, che si prostituiva nel trapanese, provenendo ogni giorno da Palermo dove era ben conosciuta, e apprezzata, per il lavoro che svolgeva, la parrucchiera, e per l’amore che dedicava alla sua famiglia e alle due gemelle di tenera età, 4 anni appena, fu trovata senza vita a Custonaci, riposta dietro la bancarella di una rivendita di fiori, poco distante dall’ingresso del cimitero, la mattina del 24 dicembre 2013. Chi la trovò, ed i carabinieri che arrivarono, non ebbero difficoltà alcuna a riconoscerla intanto come una prostituta.

C’erano tutti gli ingredienti perché quel delitto fosse uno dei tanti che capitano, prostituta e pure senza documenti. E invece, come era giusto fosse stato, i carabinieri si sono gettati a capofitto a risolvere quel delitto. Forse chi lo aveva commesso puntava sulla disattenzione investigativa, credeva che quella donna non interessasse ad alcuno…ed invece non è stato così. C’erano semmai tutti gli elementi perché l’assassino avesse un volto. C’era da consegnare il colpevole alla famiglia, a quelle due gemelline che alla vista dei carabinieri nella loro casa di Palermo, quando a pochi giorni dal delitto quella donna fu riconosciuta, chiesero al carabiniere, proprio al maresciallo Cito “dov’era la loro mamma”.

Il maresciallo Cito ha ricostruito ai giudici l’intera lunga indagine. Nessuno sapeva che Jennifer si prostituisse. In città, nella zona del policlinico a Palermo in cui abitava, la conoscevano tutti come parrucchiera, come una donna simpatica e dal sorriso facile. Nigeriana, 37 anni, si era trasferita in Italia, probabilmente, per cambiare la propria vita: una doppia vita, dunque; da un lato quella felice, dedicata alle sue bimbe, dall’altro quella dal retroscena squallido della prostituzione a Trapani. Si prostituiva nei pressi dell’autostazione o vicino all’ingresso della stazione ferroviaria.

bose1-400x210Partiva da Palermo la sera e tornava all’alba per riabbracciare le sue bambine. La donna non aveva addosso alcun documento e il cadavere era rimasto senza nome per 24 ore, fino all’identificazione avvenuta grazie alla denuncia di scomparsa che aveva sporto il suo compagno. Sarebbe stato lui, infatti, a rivelare la reale attività della donna e a raccontare come si svolgevano le sue giornate e, il 23 dicembre, preoccupato del suo mancato ritorno a casa, aveva avvisato le forse dell’ordine. Qualcuno l’ha strozzata ed ha poi abbandonato il suo corpo vicino al cimitero di Custonaci. Quel qualcuno per la Procura di Trapani ha un nome, Alessandro Bulgarella.

Indagini certosine che hanno fornito uno spaccato sul mondo della prostituzione. I carabinieri non hanno avuto dubbi che si potrebbe trattare di un cliente e che quel delitto era stato commesso per rubarle 50 euro o forse anche per una qualche vendetta. Mesi e mesi di indagini, intercettazioni, interrogatori. Ma con la collaborazione fin dall’inizio arrivata dal disgraziato mondo della prostituzione e degli sfruttati.

In una città spesso preda dell’omertà, loro hanno dato tutt’altro segno, quello opposto al silenzio. Loro hanno aiutato i carabinieri a risalire ad un sospettato, un cliente che era chiamato dalle prostitute “Padre Pio” (andava con i guanti), un direttore di un ufficio postale poi risultato estraneo alle indagini. “Indagavamo – ha detto il maresciallo Cito – anche a proposito di una relazione di servizio risalente a 24 ore prima del delitto quando una pattuglia nelle ore notturne vide Jennifer che si teneva un fazzoletto sanguinante alla mano, raccontò che un cliente l’aveva strattonata ferendola, non indicò chi fosse stato disse era un uomo, bianco, con una punto grigia”. Il cerchio anche attraverso l’uso di tabulati telefonici cominciò a restringersi a parte un handicap iniziale.

“Jennifer usava un telefono clonato, quando scattarono le intercettazioni – ha riferito Cito – per poco non andò in tilt il server perché colpimmo circa 8000 conversazioni”.

Settimane dopo settimane però i carabinieri arrivarono a una cerchia strette di persone, due uomini e una donna. Tra loro c’era Alessandro Bulgarella, titolare di una punto grigia. “Li convocammo separatamente – ha riferito il maresciallo – e subito abbiamo colto qualcosa di interessante. Bulgarella in particolare che si mostrava conscio dell’oggetto della convocazione, l’omicidio della prostituta. Ne parlò chiaramente, ricordando perfettamente particolari mai divulgati, sollecitando la donna che faceva parte della cerchia a dir cose che potessero non inguaiarlo, la prima quella che lui non conosceva la prostituta”.

Pochi giorni ancora e il cerchio si chiudeva attorno a Bulgarella che si tradì anche presentandosi con un avvocato al primo interrogatorio sebbene fosse stato convocato come persona informata dei fatti. Intercettato infine ha svelato seppure indirettamente, parlando di particolari, che lui era l’assassino ed è stato così arrestato.

Nel frattempo anche un altro suo amico, C.B., è finito scritto nel registro degli indagati, posizione poi archiviata. Resta il sospetto che però Alessandro Bulgarella non avrebbe agito da solo. Jennifer fu uccisa in un luogo diverso da dove venne fatta trovare, forse a Cornino, forse a Lido Valderice. Fu colpita alla testa con una mazza o qualcos’altro. Credeva/credevano di averla uccisa, l’opera si completò nel piazzale del cimitero di Custonaci dove fu strangolata col suo stesso giubbotto. Fu trovata con le braccia distese in avanti, come se fosse stata spostata apposta dietro quella bancarella. “Una persona da sola non può averlo fatto” ha risposto il maresciallo Cito ad una domanda.

C’era qualcun altro con Alessandro Bulgarella quindi quella sera vigilia di Natale ad uccidere Jennifer. E questo qualcun altro è ancora libero. Ma per i carabinieri di Trapani il caso non è chiuso.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.