Si sono svolte ieri mattina 11 gennaio, presso l’Aula Multimediale “Pio La Torre” dell’ex Casa del Fanciullo di San Giuseppe Jato, le celebrazioni per il ventesimo anniversario dell’omicidio mafioso del piccolo Giuseppe Di Matteo, su iniziativa del Coordinamento di Libera a Palermo e del Comune.
Sono già trascorsi 20 anni da quando il piccolo Di Matteo vene ucciso a soli 15 anni, dopo una prigionia durata 779 giorni.
I suoi aguzzini, ossia degli uomini appartenenti alla cosca mafiosa di San Giuseppe Jato con a capo Giovanni Brusca, uccisero Giuseppe per vendicarsi del padre, il pentito Di Matteo.
Una commemorazione vera, senza fronzoli in cui al centro di tutto c’è stata la storia di quel bambino che si è visto privato della libertà negli anni più spensierati della propria vita.
Una mattinata a tratti toccante con la lettura della cruda testimonianza rilasciata dall’esecutore dell’omicidio dell’ormai adolescente Giuseppe, Vincenzo Chiodo, il quale racconta tutto in maniera dettagliata, mostrandoci un ragazzo ormai pronto a tutto e che ha perso tutta la sua vitalità dopo due anni di prigionia e silenzio.
Altro momento di riflessione quello in cui l’autore e regista Martino Lo Cascio ha letto un brano in cui si immaginavano i pensieri e la voglia di libertà di Giuseppe.
“Questa storia è una ferita ancora aperta per San Giuseppe Jato” afferma durante il suo intervento il sindaco Davide Licari. “Ma la morte di Giuseppe non è stata vana se consideriamo le forti reazioni avute dagli abitanti: un conto era credere che Brusca e compagni lavoravano come bulli di quartiere e che potevano tagliare delle gomme delle auto un altro è stato realizzare che la mafia di San Giuseppe Jato era in grado di sciogliere un bambino nell’acido”. “Da quella data si è creata una coscienza consapevole” conclude il sindaco.
“Noi vogliamo evitare che la memoria delle vittime di mafia resti solo un semplice esercizio – afferma Giovanni Pagano coordinatore provinciale di Libera per il palermitano – proprio per questo motivo bisogna condividere le storie per farle diventare patrimonio comune di tutta la grande famiglia che è Libera.”
A seguito della partecipata conferenza, si è tenuta la Messa a suffragio di Giuseppe, seguita dalla deposizione di una corona di fiori presso il Giardino delle Memoria, luogo un cui il bambino ha vissuto gli ultimi mesi della sua prigionia e in cui è stato prima ucciso e poi sciolto nell’acido in quel maledetto buncker, sotto il pavimento e sotto un metro e mezzo di soletta.