L’imprenditore edile palermitano Pecora Francesco, del 1939, deceduto il 3 maggio 2011, e i suoi eredi, si sono visti confiscare, dalla Direzione Investigativa Antimafia di Palermo con provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione M.P., beni mobili e immobili, rapporti bancari, capitale sociale e relativo compendio aziendale di 6 società. Tutto ciò scaturisce da una proposta avanzata dal Direttore della DIA.
PECORA Francesco, personaggio di rilievo della consorteria mafiosa palermitana “cosa nostra”, annovera come suoi coimputati nei “processi alla mafia” personaggi di alto spessore criminale, quali Pippo CALO’, Antonino ROTOLO, Tommaso SPADARO e Giuseppe FICARRA. La figlia di PECORA, Caterina, è coniugata con MOTISI Giovanni, del ’59, latitante, figlio del noto Matteo, inteso “Matteazzo”, già uomo d’onore della famiglia mafiosa di Pagliarelli. A conferma che in cosa nostra spesso i “legami” giudiziari si rinsaldano con quelli familiari e viceversa, si evidenzia, altresì, che PECORA è consuocero di SBEGLIA Salvatore, costruttore edile palermitano, condannato per mafia e socio in affari di GANCI Raffaele, boss del quartiere Noce di Palermo.
Il PECORA e le sue società avevano assunto un ruolo di interfaccia e di canale di collegamento con il mondo imprenditoriale legale, gestendo i capitali provenienti dalle attività delittuose di “cosa nostra” anche fuori dalla Sicilia (un’azienda confiscata ha sede legale a Pordenone), condividendo gli interessi illeciti dell’associazione.
Con l’odierno provvedimento sono stati sottoposti a confisca 168 immobili (appartamenti, ville, magazzini e terreni), 3 società di capitale e 3 società di persone, rapporti bancari ed altro, per un valore complessivo di oltre 100 milioni di euro.