C’è un passo evangelico in MC 9,42 e MT 18,6 che tuona forte nelle coscienze dei credenti:” Chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare”. Un passo di grande valenza biblica etica e morale a cui Monsignor Romeo ha evidentemente anteposto la sequela di norme di cui il diritto canonico si compone e a cui ha fatto appello, intervenendo sull’arresto dell’ex parroco di via Perpignano accusato di violenza su tre minori. “Non spettava a me denunciare don Roberto”.
Abbiamo seguito le regole previste dal diritto canonico”. Piacerebbe a tal uopo ricordare che il canone 277 del codice di diritto canonico dispone al comma 3 che “spetta al Vescovo diocesano stabilire norme più precise su questa materia e giudicare sull’osservanza di questo obbligo nei casi particolari” e al comma 2 ” i chierici si comportino con la dovuta prudenza nei rapporti con persone la cui familiarità può mettere in pericolo l’obbligo della continenza oppure suscitare lo scandalo dei fedeli”. E allora ci si chiede, ma quale scandalo più grande di un meschino e abominevole atto di pedofilia é più meritevole di attenzione tale da indurre un rappresentante di Cristo sulla terra a non denunciare alla Procura le malefatte di don Roberto e dare semplicemente seguito agli adempimenti procedurali previsti. Certamente non sta al gregge giudicare, ma i mancati esempi rischiano di disorientare anche quelle pecore che, smarrita la via vorrebbero poter rientrare e imboccare quella maestra!
Di Claudia Lentini