Lo scandalo di quei finanzieri infedeli, altra condanna

Il Tribunale infligge 20 mesi all’appuntato Giuseppe Guidoni, ultimo capitolo di una vicenda che ha offuscato le Fiamme Gialle

Tribunale TrapaniTribunale Trapani.Una indagine che portò a scoprire una rete di infedeli finanzieri che mercanteggiavano con la merce, per lo più false griffe, che venivano sequestrati ai venditori. Una indagine che ha rischiato di offuscare l’immagine delle Fiamme Gialle anche a causa di alcuni clamorosi retroscena, come per esempio la copertura che un ufficiale, l’allora comandante della compagnia, Dario Smecca che cercò notte tempo di ridare ordine, nascondendo però le prove dei reati, il magazzino dei reperti da dove era sparita notevole merce, finendo però poi sotto processo e condannato ad un anno. Tutto ruotava attorno ad un maresciallo Ernesto Fiorito, era lui a gestire quella che dinanzi ai giudici fu rappresentata dalla Procura di Trapani come una vera e propria “banda”, una “banda in divisa”, finanzieri che non hanno onorato l’uniforme indossata e offeso pure il lavoro di tanti altri loro colleghi condotto in un territorio difficile come quello di Trapani. Ieri il Tribunale, presidente il giudice Franco Messina, ha inflitto l’ennesima condanna, 20 mesi per l’appuntato Giuseppe Guidoni. In parte è stata accolta la richiesta di condanna formulata dal pm Andrea Tarondo, i giudici infatti hanno assolto Guidoni ai sensi del 530 secondo comma (prova insufficiente) da corruzione e falso. Il Tribunale ha anche sentenziato la perdita del grado. In precedenza c’erano state altre cinque condanne, e contro Guidoni durante il dibattimento è arrivata la testimonianza di accusa di uno dei condannati, il maresciallo Salvatore Scaturro che sentito indicò uno per uno i casi che videro quel gruppo di finanzieri a comportarsi in maniera fuorilegge. L’indagine già prima aveva raccolto un’altra dichiarazione di ammissione di colpevolezza, quella del maresciallo Ernesto Fiorito che forse pur tacendo sul alcune circostanze aveva descritto come l’organizzazione di infedeli finanzieri si era comportata nel tempo. Attorno a Fiorito si muoveva la “banda”, lui d’altra parte per l’incarico che ricopriva dava sicurezza di copertura, era infatti il comandante del nucleo operativo della compagnia di Trapani delle Fiamme Gialle. Accadeva così che mentre in una stanza della Compagnia della Finanza di Trapani si pianificavano strategie di assalto al crimine, e al crimine commerciale, nella stanza a fianco altri finanzieri profittando della divisa realizzavano un mercato clandestino di quello che veniva sequestrato, ciò che era vendibile tornava così in un altro mercato illegale e forse la sola parola malcostume non è sufficiente a descrivere questa stessa storia. La “banda” quando si muoveva andava per fiere e mercati, rastrellava merce, e poi dopo i sequestri scattava la vendita, certi del fatto che nessuno sarebbe mai andato a cercare qualcosa presso il magazzino dei reperti, perché quella merce sequestrata diventava un reperto, una prova. Trattandosi di processi di poco conto e quasi sempre con imputati soggetti, come extracomunitari, che non avevano alcun interesse a chiedere indietro la merce, e che comunque per la maggior parte dei casi si trattava di processi senza imputati in aula, il gruppo comandato da Fiorito era certo che la merce sarebbe stata destinata a restare dimenticata. Durante il processo che vedeva come imputato il maresciallo Salvatore Scaturro, uno degli indagati Vito Naso, così ricostruì i comportamenti di quei suoi colleghi: “C’era una squadra che faceva il suo dovere” (facendo il nome del maresciallo Palermo ndr), altri avevano comportamenti altalenanti, “facevano una volta i buoni e un’altra volta i cattivi”, ed ha parlato di Fiorito, ma anche di un ruolo di mediazione in una occasione, per cancellare un verbale, che sarebbe stato condotto dall’ancora consigliere comunale di Trapani Giuseppe Ruggirello (impiegato alle Entrate, a sua volta condannato per concussione e falso in altro processo). Prima di Guidoni e dopo Fiorito e Scaturro gli altri condannati furono Andrea Casamento, Mario Malizia e Carlo Napoli, che furono condannati dal gup di Trapani rispettivamente a 11 mesi, 12 mesi e 18 mesi. Tra le pagine di questa storia frutto di un lavoro certosino di indagine condotto dalla sezione di pg della Polizia di Stato presso il Tribunale di Trapani che portò alla denuncia di 13 persone, quasi tutti finanzieri, non emersero solo le circostanze della “rivendita” del materiale sequestrato, abbigliamento, oggetti, cd e dvd, ma anche la richiesta di denaro ad alcuni di quei poveri disgraziati di ambulanti, costretti a pagare per non subire sequestri. Fiorito fu il primo ad essere arrestato mentre portava da un posto all’altro un sacco pieno di oggetti e abbigliamento sequestrato. Accadde un giorno di una estate di sette anni addietro, era pedinato il maresciallo Fiorito da quando il suo nome era uscito dalle chiacchiere telefoniche “intercettate” di alcuni delinquenti locali, metre i poliziotti della pg si occupavano di una banda che gestiva il mercato delle slot machine. Quella mercanzia che portava in auto il maresciallo Ernesto Fiorito era tutta roba che veniva fuori dal magazzino dei reperti sequestrati, da dentro una caserma delle Fiamme Gialle, merce sequestrata che invece di finire al macero, o tenuta sotto chiave costituendo prova di reato, finiva invece con il tornare sul mercato clandestino. “Grave – affermò durante la requisitoria il pm Andrea Tarondo – che in un territorio come quello di Trapani dove è alto il rischio delle estorsioni, dove la società ogni giorno fa i conti con soprusi e malcostumi, angherie e azioni criminose di diverso genere, è grave che chi dovrebbe garantire l’ordine, la sicurezza e la legalità si metta a delinquere, anche mettendosi a vendere merce sequestrata come cinture e quant’altro, ma non facevano solo questo”.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.