Inchiesta Bulgarella, pg smentisce pm Firenze

L’imprenditore trapanese raccoglie in Cassazione un punto a favore

 

bulgarellaL’impresa del trapanese Andrea Bulgarella ha diffuso un comunicato stampa dove dà notizia del procedimento giunto in Cassazione a proposito della perquisizione eseguita nei mesi scorsi dai carabinieri del Ros su ordine della magistratura fiorentina. Come si ricorderà già il Tribunale del riesame di Firenze aveva dato ragione all’imprenditore che si era visto i carabinieri nelle sedi delle sue imprese, in Toscana e in Sicilia, nelle sue abitazioni private. I carabinieri avevano anche eseguito perquisizioni nei confronti di altri indagati, come per esempio l’ex vice presidente della Giunta provinciale di Trapani Peppe Poma (cognato di Bulgarella e manager delle imprese del gruppo) e il manager Fabrizio Palenzona, super big di Unicredit. Una indagine contro Bulgarella per truffa e appropriazione indebita con l’aggravante dell’art7 (sostegno alla mafia) tra imprese, mafia, massoneria che continua a far dioscutere. Il blitz risale all’ottobre scorso, a fine dello stesso mese la decisione del Tribunale del Riesame ma il ricorso della procura fiorentina ha portato l’indagine in Cassazione. Ancora non c’è la decisione della massima corte, ma il gruppo Bulgarella non ha perso tempo a rivendicare il punto a favore raccolto dalla procura generale della Cassazione diffondendo una parte della requisitoria: «…L’ipotesi accusatoria, secondo cui Bulgarella avrebbe intrapreso le sue attività imprenditoriali nel territorio toscano attraverso il reimpiego di denaro di provenienza illecita con la collaborazione di alcuni dirigenti della banca Unicredit – scrive il Sostituto Procuratore Ciro Angelillis nella sua requisitoria – appare talmente in contrasto con le emergenze procedimentali da non poter essere neanche ipotizzata in astratto….le conversazioni intercettate tra i dirigenti della banca, la vicenda della “Calcestruzzi Valderice” o i rapporti commerciali intrattenuti con imprenditori imparentati con persone appartenenti a cosche mafiose, sono, a tutto concedere, non significativi, neutrali, se non addirittura di segno opposto alle ipotesi accusatorie». Bulgarella immediatamente commenta: «Prendo atto come anche la Procura Generale presso la Cassazione, dopo il Tribunale del Riesame, confermi l’insussistenza delle ipotesi accusatorie contro di me. Ma sono tutt’altro che sollevato. Il danno d’immagine procurato alla mia persona, alle mie aziende e ai miei collaboratori, non si cancella con un tratto di penna. Non posso dimenticare come che quelle che erano solo ipotesi accusatorie, siano state dato in pasto alla stampa come fossero verità acclarate, complice certo giornalismo supino alle procure che, in spregio alle elementari regole di deontologia professionale, mi ha dipinto come un colluso con la mafia, spesso senza darmi la possibilità di replicare. Un meccanismo di sputtanamento mediatico devastante: basta mettere su un qualsiasi motore di ricerca di internet il mio nome e vedere come esso sia associato, tout court, alla mafia. Nessun tribunale italiano potrà sanare questa ferita. Per questo ho deciso di cedere tutte le mie attività imprenditoriali. Ho la colpa di essere un siciliano di Trapani, “la terra di Matteo Messina Denaro”, dove tutto (e niente) e mafia. E dove un’antimafia farlocca s’inventa la mafia pur di perpetuare se stessa. Una terra dove gli imprenditori sono spesso schiacciati dal pregiudizio. Un modo per non catturare Matteo Messina Denaro è di cercarlo là dove non c’è». Dalla procura di Fiurenze non trapela nulla segno questo che l’indagine non si è affatto fermata, e così davvero è considerato che in questi mesi l’attività investigativa ha portato i pm fiorentini a sentire diverse persone, e non solo collaboratori di giustizia.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.