Sono stati arrestati sabato a Trapani dai poliziotti della Squadra Mobile su ordine di esecuzione emesso dalla Corte di Appello di Palermo, ma ieri i fratelli Nicolò e Giovanni Adamo, 51 e 43 anni, titolari di uno tra i più frequentati punti di ritrovo del centro storico, sono stati scarcerati. L’ordine di esecuzione per espiare rispettivamente una condanna a 6 e 5 anni per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al falso, non teneva conto della norma sul condono, e così a conti fatti si sono ritrovati con una condanna definitiva ma da non scontare in cella. E quindi sono stati scarcerati. Restano le pesanti motivazioni invalidate dalla Cassazione. La sentenza di primo grado ha trovato riscontro sino al pronunciamento, l’ultimo, inappellabile, della Cassazione. A loro viene attribuita la partecipazione all’organizzazione di una criminale macchina produttrice di soldi. Nel 2009 furono arrestati dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza assieme ad altre tre persone nell’ambito di una indagine che in modo approfondito era stata anche sviluppata dalla sezione di pg (presso la Procura di Trapani) della Guardia di Finanza. Da questa indagine venne fuori un incredibile spaccato truffaldino che coinvolgeva anche un funzionario della cancelleria civile del Tribunale di Palermo. I fratelli Adamo facevano parte di un sodalizio criminale specializzato in truffe altamente specifiche, scientemente messe a punto dai componenti del gruppo ognuno dei quali, con la propria parte di competenza, ha avuto un ruolo ben delineato. Il blitz fu denominato “i soliti ignoti”, titolo preso in prestito da un famoso film. Sostanzialmente il clan criminale sfruttava i fondi messi a disposizione dalla “legge Sabatini”, dedicata a chi opera nel settore del commercio. Di fatto si facevano figurare acquisti per aziende commerciali che servivano invece per ottenere immediate liquidità, le attrezzature o non esistevano del tutto o si trattava di attrezzature già usate. La truffa si è scoperto ammontare a 2 milioni di euro, denaro volatilizzato. Secondo gli inquirenti, e a seguire secondo le risultanze processuali ora diventate definitive, il gruppo ha ottenuto illegittimamente finanziamenti pubblici previsti appunto dalla legge Sabatini, una società di Trapani, la Ge.Fin., ha svolto, per conto di piccoli imprenditori o di ditte di modeste dimensioni, l’istruzione delle pratiche di acquisto di macchine utensili secondo la procedura disciplinata dalla legge del 1965. Innanzi ad un notaio della provincia di Palermo, che era sempre lo stesso, venivano stipulati i contratti di compravendita, nei quali la società A.R. Impianti, intestata ad un prestanome, figurava, sempre quale parte venditrice dei macchinari per importi gonfiati. Gli acquirenti firmavano davanti al notaio le cambiali per il pagamento rateizzato del prezzo dilazionato dei macchinari. La società A.R. Impianti, a tal punto, scontava gli effetti cambiari, ottenendo dalle banche concessionarie somme pari al prezzo dilazionato delle macchine. Nel corso del processo è emerso che il clan pensava addirittura a mettere in atto altre truffe all’estero.