Confisca da 1 milione di euro contro Filippo Guttadauro cognato dell’ergastolano latitante Matteo Messina Denaro. Sorveglianza speciale anche per i figli
I poliziotti della Divisione anticrimine della Questura di Trapani hanno eseguito in questi giorni una confisca di beni per 1 milione di euro. Destinataria la famiglia Guttadauro di palermo ma di fatto radicata a Castelvetrano. La confisca è stata decisa dai giudici del Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani contestualmente all’applicazione di provvedimenti di sorveglianza speciale: cinque anni per il conclamato boss mafioso di Brancaccio (Palermo), Filippo Guttadauro, cognato del latitante Matteo Messina Denaro e fratello di Giuseppe, medico e mafioso di Brancaccio il cui nome compare anche negli atti processuali del dibattimento a conclusione del quale è stato condannato l’ex Governatore Totò Cuffaro. La sorveglianza speciale è stata decisa anche per i figli di Guttadauro, Francesco, già condannato per mafia, e Maria, incensurata, rispettivamente quattro e due anni. Il patrimonio confiscato è quello che rientrava all’interno di un altro impero commerciale palermitano oggetto di sequestro (per 50 milioni di euro), ma davanti al Tribunale del capoluogo siciliano, ossia quello degli imprenditori Niceta. I giudici trapanesi hanno infatti rimesso ai colleghi palermitani la competenza a decidere sulla eventuale confisca. Per i giudici le quote societarie confiscate costituivano l’accordo imprenditoriale tra i Guttadauro e i Niceta. Si tratta di due negozi “Blue Spirit” e “Niceta Oggi” che si trovavano all’interno del centro commerciale Belicittà intanto confiscato all’imprenditore Giuseppe Grigoli. La proprietà totalmente intestata ai Niceta era un trucco per coprire la partecipazione dei Guttadauro. A incastrare Filippo Guttadauro ci sono le intercettazioni che la Polizia ha operato all’interno della sala colloqui del carcere di Cuneo dove egli si trovava recluso, dopo l’ultima condanna patita per una serie di estorsioni gestite nel territorio di Castelvetrano. I giudici anche quelli della sezione misure di prevenzione hanno evidenziato la caratura mafiosa che Filippo Guttadauro ha nel tempo esercitato nel territorio belicino a stretto contatto coi cognati Matteo e Salvatore Messina Denaro. Insistentemente Filippo è stato ascoltato dai poliziotti che lo intercettavano a chiedere alla moglie al figlio Francesco “notizie sul negozio”. Altre intercettazioni hanno tradito il ruolo ulteriore dei figli, Francesco e Maria, continuamente in contatto con i Niceta. E infine l’indicazione data in carcere da Filippo al figlio Francesco: “a loro li metti come amministratori e poi si vede”. Emblematica un’altra intercettazione tra Francesco e la madre Rosalia Messina Denaro: “…la gioielleria vogliono fare, ce la gestiamo pure noi”Nel novembre 2007 infine nasceva, in uno studio notarile di Castelvetrano, la società Ni.Ca., amministratore unico il palermitano Massimo Niceta, ma per i giudici il 50 per cento era proprietà dei Guttadauro e quindi è scattata la confisca. Una società che avrebbe dovuto continuare anche nella creazione di altri centri commerciali, nella zona di Marsala e nell’agrigentino, a Licata, ma per quest’ultimo Rosalia Messina Denaro fu sentita essere determinata col figlio, “là facci andare a loro”.