Giammarinaro, chiesta confisca e sorveglianza

giammarinaroIl pm Tarondo ha discusso nel procedimento dinanzi al Tribunale delle misure di prevenzione, 5 anni per l’ex deputato regionale andreottiano.

Il procedimento per la confisca di beni per 50 milioni di euro e per l’applicazione della sorveglianza speciale all’ex deputato e potente “rais” politico di Salemi, Pino Giammarinaro, da oggi si è avviato a conclusione dopo una lunghissima istruttoria dinanzi al Tribunale, presidente il giudice Alessandra Camassa.

Il pm Andrea Tarondo ha chiesto la confisca del patrimonio e l’applicazione di una sorveglianza speciale per cinque anni, ricalcando la richiesta che originariamente fu presentata al Tribunale dal Questore di Trapani dal quale arrivò – relazione investigativa redatta dalla Divisione anticrimine e dalla Guardia di Finanza – il rapporto che indusse i giudici di procedere con un provvedimento eccezionale, ossia il sequestro preventivo dei beni.

Nella fase processuale gli elementi investigativi sono stati via via arricchiti da nuove prove prodotte dall’accusa, nell’ultima parte le deposizioni di due collaboratori di giustizia, il calabrese Marcello Fondacaro e il trapanese Nino Birrittella, a proposito dei rapporti intrattenuti costantemente dall’ex deputato regionale della Dc con esponenti di spicco dell’associazione mafiosa e il suo continuo sovraintendere agli “affari” della sanità trapanese, già da quando presiedeva una delle Usl della provincia di Trapani, quella di Mazara del Vallo. Un dibattimento lungo anche perché parecchio ricca di testimoni è stata la lista della difesa – il pm non ha presentato lista di testimoni basando l’intera attività sui documenti – politici, imprenditori, esponenti del mondo della sanità, ma in più di una occasione testimonianze che dovevano essere a favore della difesa, si sono rivelate invece a favore delle tesi dell’accusa.

Tra i testi sentiti due pezzi di lusso della politica, l’ex governatore Totò Cuffaro e l’ex sindaco di Salemi Vittorio Sgarbi, ma sono stati sentiti anche assessori e funzionari del Comune di Salemi (sciolto per inquinamento mafioso proprio in conseguenza del rapporto investigativo della Divisione anticrimine della Questura e a seguito dell’accesso ispettivo disposto dalla prefettura di Trapani) come per esempio il fotografo Oliviero Toscani che fece parte della giunta Sgarbi, salvo poi dimettersi dopo avere denunciato l’ingerenza di Giammarinaro, che non era né assessore né consigliere comunale, negli affari amministrativi della città.

Un procedimento nel quale hanno fatto più che capolino gravi fatti di sangue come quelli inerenti due omicidi, quello di un infermiere professionale, Salvatore Capizzo, ucciso a Mazara nel 2002, il nome di Capizzo figura tra l’altro nel rapporto della Questura come uno dei prestanome di Giammarinaro nella gestione di un centro medico a Mazara, e del consigliere comunale di Salemi , Francesco Paolo Clementi ucciso nel 1987. Fatti omicidiari che il procedimento ha stagliato in uno scenario dove emerge la figura di Giammarinaro. Anche nell’udienza odierna Giammarinaro ha reso dichiarazioni spontanee, come le ultime ancora una volta dedicate a smentire la deposizione del collaboratore Birrittella. Il prossimo 21 aprile cominceranno a discutere gli avvocati dei “terzi”, cioè dei soci nelle aziende oggetto del sequestro. Sono numerosissime le parti chiamate in causa tanto che sin dal suo inizio il dibattimento si è svolto nell’aula bunker del Palazzo di Giustizia di Trapani.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.