Il caso Maniaci, affrontiamo la questione morale dell’informazione

maniaciL’indagine sul direttore di Telejato, fiducia nella magistratura ma Pino adesso parli senza dire solo che è tutto un complotto.

Qualche giorno addietro abbiamo scritto dell’indagine a carico del direttore di Telejato Pino Maniaci dopo che il quotidiano Repubblica l’aveva svelata. Oggi abbiamo la certezza dell’indagine, un’operazione antimafia tra Partinico e Borgetto ha appena condotto i carabinieri a eseguire un’ordinanza del gip Sestito su richiesta della Procura di Palermo. Tra gli indagati c’è anche Pino Maniaci, per lui l’accusa è quella di estorsione e il giudice ha applicato la misura cautelare del divieto di soggiorno nelle provincie di Palermo e Trapani.

Posizione per Maniaci diversa e distinta dal contesto che riguarda gli altri indagati che rispondono anche di associazione mafiosa.

Quando abbiamo scritto a suo tempo, qualche giorno addietro, abbiamo aperto con una frase che ripetiamo, immaginiamo perfettamente i tanti “professionisti del disprezzo” oggi dinanzi alla notizia pubblicata da Repubblica. Pino Maniaci il direttore di Telejato indagato per estorsione. Saranno in tanti pronti a sparlare dell’antimafia. Oggi per loro c’è l’occasione di rinforzare le parole ovviamente tutte contro il movimento antimafia. Facciano pure, per i più, lo immaginiamo,  si tratterà di rendere un favore alla mafia. Non siamo stati mai avari nel dare sostegno all’attività del giornalista Pino Maniaci, anche quando alcune sue critiche non le condividevamo a pieno, come quelle rivolte a Libera di tanto in tanto.

Non abbiamo esitato nel sostenerlo quando si è alzato il coperchio sugli “affari” del cerchio magico del giudice Saguto, o ancora nella campagna giornalistica nei riguardi della distilleria Bertolino o quando è stato minacciato e aggredito come è accaduto.

Non possiamo però non annotare come Pino Maniaci sia finito dentro l’indagine dopo avere attaccato il malcostume nella gestione dei beni confiscati. Oggi più di ieri ci affidiamo alla magistratura, e vorremmo che le parole del presidente Renzi dedicate al caso Lodi (il sindaco del Pd indagato e arrestato per estorsione) siano riconosciute anche a proposito del caso Maniaci.

«La questione morale c’è dappertutto, c’è nella politica italiana». Condividiamo e aggiungiamo, c’è anche nel giornalismo ebda queste parti, nel trapanese, non è immune chi dinanzi a notizie vere ha scritto di “stampa cazzara” preferendo dedicarsi a scrivere notizie bugiarde e false, presentate come assolutamente fondate, soprattutto quando c’è stato da colpire qualcuno con discredito e fango.

Chi scrive menzogne ha anch’esso davanti una questione morale a cui dover rispondere, giudizi penali e civili, che ci sono, a parte. Come dice Renzi per il sindaco di Lodi anche per Maniaci vogliamo dire che non crediamo all’esistenza di complotti, ma così come Renzi parla del caso Lodi anche per Maniaci chiediamo che l’indagine arrivi presto alla conclusione, d’altra parte si tratta di fatti così risalenti nel tempo e dunque pensiamo che ci siano tutti gli elementi per arrivare a un giudizio: «È un bene che ci siano indagini, l’importante però è che si vada a sentenza e a condanne in aula e non sui giornali».

«Ai magistrati dico buon lavoro – ha concluso Renzi sempre per il caso Lodi – ma andate a sentenza».

Condividiamo oggi soprattutto ciò che su Facebook ha scritto, a proposito del caso Maniaci, il vice presidente della commissione nazionale antimafia, l’on. Claudio Fava. “Dei cento euro forse pretesi da un sindaco se ne occuperanno i giudici per dirci se fu estorsione, bravata o solo minchioneria. Ma di ciò che ci riferiscono le intercettazioni, la risposta non la voglio dai giudici ma da Maniaci. Non chiacchiere su complotti e vendette mafiose: risposte! Voglio che dica – a me e agli altri che in questi anni hanno messo la loro faccia accanto alla sua – se quelle trascrizioni sono manipolate o se è vero che all’amica del cuore raccontava “…a me mi hanno invitato dall’altra parte del mondo per andare a prendere il premio internazionale del cazzo di eroe dei nostri tempi”.

L’indagine racconta di un giornalista Pino Maniaci che si riteneva detentore di potere assoluto e certo del fatto suo, leggendo quelle intercettazioni riconosciamo il suo stile, quel comportamento spesso sprezzante e provvisto d’infinita sicumera che abbiamo letto e ascoltato soprattutto quando c’è stato da colpire mafiosi e colletti bianchi. Se lo stesso sistema ha usato per vicende private, dovrà dircelo la magistratura e ripetiamo speriamo presto ce lo dica lo stesso Maniaci. Vorremmo, però, che quello che accade sia occasione per parlare davvero di “questione morale” nel campo dell’informazione partendo dalla nostra provincia dove abbiamo visto in azione giornalisti, pennivendoli e scribacchini, pseudo editori col pallino del fare il giornalista a tutti i costi anche dopo aver ricevuto dall’ordine una porta chiusa in faccia, che in questi tempi hanno sparso fango con la stessa sicumera mostrata da Maniaci, loro però questa sicumera l’hanno usata in maniera unica, per colpire chi ha dato e dà fastidio al “sistema” governato dal malaffare.

Questi soggetti che forse oggi esulteranno contro Maniaci prendendosela con l’antimafia, che è e resta altra cosa, hanno usato un comportamento forse peggiore rispetto a quello contestato a Maniaci alzando anche loro “pennacchi”, proponendo pretese di “potenza” assieme ad un sempre più attivo sproloquio. Siamo convinti che oggi la mafia resta forte, aiutata da corruzioni e abusi, e quindi almeno per quanto ci riguarda l’impegno non cambia, il nostro resta un giornalismo che non guarda in faccia a nessuno.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.