Da sempre l’uomo è attratto dalla cultura ed è orientato a creare cultura, ma gli studi più recenti, specialmente da un decennio a questa parte, dimostrano quanto la cultura, in tutte le sue forme, sia un elemento che non solo produce benessere, ma nei casi in cui essa è costantemente presente nella vita di un individuo, essa migliora la qualità della vita ed addirittura sarebbe anche in grado di allungarla. Uno studio longitudinale durato diversi anni su un campione rappresentativo di persone, ha esaminato la possibile relazione tra la partecipazione a diversi generi di eventi culturali, frequentazione di enti o istituzioni culturali, con determinati fattori di sopravvivenza. Lo studio ha riscontrato un rischio di mortalità più basso per quelle persone che frequentemente andavano al cinema, ai concerti, ai musei, o alle esibizioni artistiche, rispetto a chi frequentava poco questi contesti. Da uno studio che ha analizzato la partecipazione culturale come fattore predittivo di sopravvivenza, effettuato su un campione di 8.000 finlandesi, è stato evidenziato un livello di rischio più basso di mortalità fra i partecipanti più assidui agli eventi culturali. Uno studio longitudinale su più di 9.000 partecipanti effettuato nel 2009, ha esaminato la relazione fra la frequentazione agli eventi culturali e la mortalità correlata al cancro. Tale studio ha mostrato che coloro i quali partecipavano raramente o moderatamente agli eventi culturali avevano rispettivamente una probabilità maggiore di 3.23 e 2.92 volte di morire di cancro durante il periodo di follow-up rispetto ai frequentatori più assidui. Tuttavia, questo effetto è stato osservato solo fra i residenti delle aree urbane. Altri studi hanno rilevato che la pratica delle arti performative nei minori a rischio sortiscono degli effetti positivi nei comportamenti e nei miglioramenti delle abilità sociali e nelle interazioni. Altri risultati terapeutici sono stati dimostrati sugli effetti dell’arte partecipativa sulle persone con problemi di salute mentale; l’arte migliorerebbe i processi di benessere mentale, di responsabilizzazione e di inclusione sociale. Negli ultimi anni si stanno intensificando diversi studi sulla neuroestetica, branca delle neuroscienze che studia il complesso rapporto tra arte e cervello, come il cervello riesce a generare arte in chi la produce, quali processi cerebrali si attivano quando si fruisce dell’arte e della cultura. La psicoanalisi ha sempre sostenuto, a ragione, che l’arte rappresenta un potente elemento di proiezione all’esterno del mondo interno dell’artista. Il fruitore ne giova attraverso il processo di identificazione con l’artista, che fa si che il fruitore, entrando in empatia con l’artista, percepisca il senso più profondo del gesto artistico che ha mosso l’artista nella creazione dell’opera d’arte. Oggi la neuroestetica, confermando tale ipotesi, aggiunge che il fruitore, nell’atto di osservare un’opera d’arte (o di viversi un evento culturale in senso più lato) tramite i suoi “neuroni specchio” riuscirebbe ad attivare i medesimi meccanismi cerebrali che hanno mosso l’artista durante la sua produzione. L’arte è quindi un formidabile linguaggio che non conosce limiti. La cultura attiva la mente, il pensiero, il senso critico, il senso della bellezza, la contemplazione, la partecipazione. La cultura genera intelligenza, passione, libertà. Essa va salvaguardata e certamente valorizzata.
Fabio Settipani
Psicologo – Psicoterapeuta