Quella mafia che non ha mai smobilitato

expoMentre si sparla dell’antimafia, Cosa nostra continua a fare affari.

La cronaca è di queste ore. L’indagine della Dda di Milano su una grossa fetta di appalti e affari attorno all’Expo ha portato a scoprire come le mafie, Cosa nostra, ‘Ndragheta, attraverso facce pulite, hanno affondato le loro mani insanguinate del sangue di tanti morti ammazzati su una grossa fetta di fondi pubblici. Denaro arrivato nelle casseforti mafiose provenendo direttamente dalle casse pubbliche. Su Repubblica on line la giornalista Alessandra Ziniti ha raccontato di 295 mila euro di tangenti arrivati in Sicilia dalla Lombardia, del ruolo svolto dalla famiglia mafiosa di Pietraperzia, del ruolo dell’avvocato Danilo Tipo, ex presidente della Camera penale di Caltanissetta, tra gli arrestati su ordine del gip di Milano nell’ambito di una inchiesta delle Fiamme Gialle.Altro ruolo svolto dal consorzio di cooperative Dominus, consorzio legato alla mafia trapanese, a quella tanto famosa anche per la faida che attorno ad essa si sviluppò negli anni ’90, la mafia della famiglia Accardo di Partanna.

Un legame che sarebbe stato garantito da Giuseppe Nastasi, anche lui arrestato, nisseno di origine ma legato proprio alla cosca Accardo di Partanna secondo quanto scrive il gip di Milano Maria Cristina Mannocci. E la cosca Accardo è una delle “famiglie” satelliti del cosmo mafioso di Matteo Messina Denaro, legame che il boss latitante ha ereditato dal padre, il padrino del Belice, il patriarca mafioso Francesco Messina Denaro. Nastasi è stato intercettato ed è stato sentito raccontare proprio della storia del clan Accardo, parole sempre pronunciate con un grande “rispetto”. Nastasi è stato sentito parlare di regali da portare ai figli degli Accardo ma non solo.

Ai clan trapanesi sarebbero arrivati anche altri 413 mila euro, nascosti in un tir che trasportava una piscina gonfiabile. Ecco mentre in Sicilia si mette in discussione l’antimafia, con la scusa di mettere all’indice alcune “icone” infedeli, si scopre che Cosa nostra è tutt’altro che morta, tanto potente da avere scalzato la ndragheta dagli affari milanesi. Ovviamente nessuno e niente ha scalzato l’altro, la verità è che da decenni mafia e ndragheta operano assieme, proprio con quell’amalgama storicamente garantito dai Messina Denaro.

Cosa sostiene il gip milanese, sostiene che è stato creato un sistema di fatture false nel modo più classico, scoperto già in tante indagini siciliane e trapanesi, fatture false per creare fondi neri, fondi segreti utili a riciclare denaro, e pagare tangenti, oltre che garantire proventi alla mafia. la politica non manca. L’avvocato Danilo Tipo è stato consigliere e assessore al Comune di Caltanissetta. Anche il nome di Nastasi sembra essere legato alla politica partannese. Tema da approfondire. La figura di Matteo Messina Denaro non compare per la prima volta in indagini milanesi, non bisogna dimenticare quelle sull’eolico, sono arrivate proprio da Milano alcune delle imprese venute in Sicilia a costruire parchi eolici, col nulla osta della mafia trapanese, quella dei Messina Denaro e quella del defunto boss mazarese Mariano Agate. In indagini milanesi è anche comparso il nome dell’alcamese Vito Nicastri, il re dell’eolico, imprenditore cresciuto grazie al fatto di avere dalla sua parte il boss latitante Messina Denaro come hanno scritto nel tempo diversi giudici a cominciare da quelli del Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani, dopo i rapporti investigativi presentati dalla Dia. Risultato finale? Quello che la mafia non ha mai smobilitato, ha continuato a crescere e svilupparsi, a intessere nuovi rapporti, tutto questo mentre qualcuno ha cercato di convincerci che la mafia è stata sconfitta.

La mafia non ha vinto certamente, ma continua a giocare una partita, è vero che oggi siamo presi dalle partite degli Europei, ma ogni tanto gettiamo uno sguardo a quest’altra infinita disputa dove di tanto in tanto qualche difensore che gioca nella squadra dello Stato fa l’attaccante per la parte avversa.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.