“Il sopravvissuto”

copertinaNell’afosa mattina del 18 Giugno 2001, Casalegno, cittadina della cintura milanese, viene segnata da un trauma che la sconvolgerà per mesi. Infatti nel giorno dell’esame di Stato, Vitaliano Caccia, ventenne esuberante e maledetto, destinato alla seconda bocciatura, stermina a sangue freddo i professori della commissione d’esame.

L’unico ad essere risparmiato è il professore di Storia e Filosofia, Andrea Marescalchi, contro il quale il ragazzo non punta la pistola ma solo il dito, prima di scappar via; e si lascia alle spalle quello stesso vuoto di cui la gioventù ha orrore, ma che crea attorno a sé.

Toccherà al “sopravvissuto” capire il perché di un gesto così violento ed inspiegabile. Andrea, traumatizzato dall’evento, si affida alla lettura del diario, su cui annotava la quotidianità della sua azione educativa, per trovare degli indizi sulla propria possibile responsabilità dell’accaduto. Solo dopo la sua ricerca interiore deciderà se farla finita o continuare a combattere da buon “giapponese”, che non si arrende nella lotta per l’educazione delle nuove generazioni.

Il romanzo di Scurati, vincitore del Premio Campiello, si presenta come un pungente e critico ritratto della società odierna, soffocata dalla violenza, dal dolore e dalla fragilità; è un mondo nuovo, quello post – 11 Settembre, in cui tutti siamo potenziali vittime o possibili superstiti di qualche attentato.

Andrea, il “sopravvissuto”, si è salvato proprio perché diverso dal clima di indifferenza e meschinità che lo circonda. Difatti, come si evince dal romanzo, la classe docente è diventata un “contenitore” di mediocri, stressati, falliti, frustrati. Essi sono come gli ignavi di Dante che non si curano dei ragazzi e vanno avanti con le loro “esistenze buie e vili”; proprio come nel caso della “aula delle canne”, spazio autogestito dai ragazzi, dove si fuma, si vende marijuana durante l’orario scolastico. Tutti sanno, ma fanno finta di niente, tranne il professor Marescalchi che, un giorno, irrompe nella stanza, porta dal preside i malcapitati, ma si fa loro garante per salvaguardarli da un’eventuale espulsione.

Andrea è complice dei suoi ragazzi, che sono la sua vita, rivede in loro la sua gioventù vissuta al “futuro anteriore”, cioè vissuta come se fosse già il ricordo di un uomo adulto. Così Vitaliano, l’”angelo sterminatore”, rappresenta il professore da giovane, apparentemente forte, ma profondamente fragile ed insicuro, come la gioventù d’oggi. Proprio per questo Scurati sferra un attacco rassegnato e sconcertato a tutto il mondo degli adulti schierati in battaglia contro i propri figli, guardati con sospetto, come se fossero dei delinquenti. Il criminologo, il pubblico ministero, l’ispettore ministeriale sono tutti pronti a propinare le loro verità assolute ed inequivocabili, ma che singolarmente non producono nessun cambiamento significativo in una società completamente deviata.

E’ inoltre evidente un’aspra critica della televisione, in cui informazione ed intrattenimento si mescolano ed anche eventi tragici diventano argomenti di talk show tra esperti e celebrità televisive. Difatti è agghiacciante il modellino della scuola presentato durante una trasmissione televisiva, costruita attorno al massacro dell’”angelo sterminatore”; altrettanto sconcertante è il flusso dei “turisti del dolore” che si recano a Casalegno, paesino sconosciuto prima della strage.

In base a tutto ciò viene dipinta una realtà confusa, sbiadita in cui la scuola risente di questa atmosfera tormentata ed infatti Scurati esprime un’esplicita critica nei confronti della riforma che vorrebbe fare dell’istituzione scolastica un’azienda, un parcheggio momentaneo per futuri disoccupati, in cui “ogni professore deve farsi imprenditore di se stesso e dei propri rischi”. Perciò non c’è da meravigliarsi se un Vitaliano qualunque fa piazza pulita di un mondo adulto che non è in grado di sostenerlo, ma solo di disprezzarlo e allontanarlo.

“Il Sopravvissuto” è sicuramente un romanzo da leggere perché offre un’occasione per riflettere su quanto la nostra società sia in crisi, impigliata nel volgare tessuto dell’apparenza. Scurati presenta un groviglio tragico che riesce a sciogliere con ingegno ed abilità. Il romanzo è spesso costruito per contrasto, ci sono difatti passi crudi e violenti come la descrizione della strage, ma sono presenti anche passaggi più sereni come quando il professor Marescalchi rivolti gli occhi al cielo vede la luna e ricorda il “ Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” di Leopardi che chiede all’astro celeste le ragioni della sua esistenza.

La trama, sapientemente costruita, a volte risulta eccessivamente particolareggiata e sofisticata, tanto che il lettore rischia di smarrirsi nella narrazione. Nonostante il quadro drammatico delineato, il romanzo alla fine lascia trasparire un barlume di speranza incarnata proprio dalla figura del “sopravvissuto”. Egli difende i suoi ragazzi come “una cagna alla quale minacciano i cuccioli” e non si arrende perché è suo dovere essere presente, accompagnarli nel loro percorso. Letta l’ultima pagina del libro permane l’amarezza di una società sconvolta, ma resta anche la consapevolezza che se c’è la forza e la voglia di non arrendersi non si rimane del tutto vittime della stupidità umana.

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