Il potere delle parole, l’informazione al centro del Premio “Marcello Torre”. Il riconoscimento ai giornalisti Giacalone, Iannacone e Mira
Don Luigi Ciotti agli studenti: “Cercate la verità, non siate cortigiani di nessuno”
di Lucia Gallotta
“Ci è mancato poterti chiamare nonno, ci è mancato poterti guardare negli occhi almeno una volta. Da quel 11 dicembre 1980 alla nostra famiglia è stata strappata via la normalità”. Si apre così la 34esima edizione del Premio Nazionale per l’Impegno Civile “Marcello Torre”, con la lettura di alcune righe scritte dai nipoti del “sindaco gentile” (Marcello, Goffredo e Marcella) assassinato dalla camorra per aver osato opporre resistenza, ideale e concreta, alla collusione delle istituzioni con il malaffare.
Domenica scorsa, nel Teatro Auditorium Sant’Alfonso Maria de’ Liguori di Pagani, mentre scorrevano le immagini di un video che ricostruisce i fatti legati all’omicidio di Torre, un video che sottolinea la forza, la stessa di oggi, di sua moglie Lucia De Palma, donna, moglie, mamma, con un’eredità difficile portata avanti con determinazione e tenacia, l’emozione sfiora il cuore ma anche le coscienze.
Focus dell’edizione 2016 del Premio, che quest’anno si pregia della Medaglia del Presidente della Repubblica, è il tema dell’informazione. Le parole hanno un grande potere. Sono uno strumento importante ma anche un’arma tagliente. Dosarle, dare il giusto significato a quanto si espone, è dovere fondamentale nella vita ma ancora di più per chi fa informazione. Sui principi di trasparenza, verità, coscienza morale e civica, grazie al sostegno di Annamaria Torre e della sua famiglia Torre, riprende vita il progetto editoriale fondato dal suo papà nel 1970.
Nel corso della serata è stato, infatti, ufficialmente messo online “Il Nuovo Piccolo Giornale”, uno spazio d’inchiesta e approfondimento sui temi delle camorre e della politica in provincia di Salerno oltre che un modo concreto di mantenere viva la memoria del sindaco gentile. Di riprendere la sua eredità e farne impegno nel tentativo di essere degni del suo sacrificio. Dopo 46 anni questo strumento di informazione torna in versione online e una volta al mese in forma cartacea come inserto del quotidiano “La Città” di Salerno. Sabato notte le rotative hanno ripreso a stampare “Il Nuovo Piccolo Giornale”, l’indomani i cittadini di Pagani e dell’intera provincia, hanno potuto tenere tra le mani e sfogliare il numero zero.
Quest’anno il Premio “Marcello Torre” è stato assegnato ai giornalisti Domenico Iannacone, autore e conduttore della trasmissione di Rai 3 “I dieci comandamenti”; Toni Mira, caporedattore di “Avvenire”; Rino Giacalone, direttore del portale “Alqamah”. Con loro si è discusso de “Il racconto delle mafie oggi: la ricerca della verità e il rischio della retorica” inquadrando il ruolo dell’informazione su questo delicato settore.Un attestato di merito è stato conferito al procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Salerno, Antonio Centore, mentre attestati alla memoria sono stati assegnati ai familiari delle vittime innocenti di camorra Dino Gassani e Giuseppe Grimaldi e ad Agnese Moro, figlia del presidente Aldo, vittima innocente del terrorismo.
Per Domenico Iannacone, giornalista di Rai 3, aspetto fondamentale è quello di ripristinare l’ABC della legalità oltre che il reale significato di impegno della professione giornalistica: “La mafia ha cambiato pelle, ha allargato le sue maglie. I giornalisti hanno il dovere di andare sotto la scorza delle cose. Il mezzo televisivo spesso può avere lo svantaggio di essere dispersivo, compito del giornalista è dare significato alle parole, rendere anche uno sguardo, una pausa, carica di senso. C’è bisogno di recuperare deontologia. Torre sarebbe un bel personaggio da intervistare oggi perché uomo leale, trasparente, dallo sguardo limpido. Tutte cose che in tv non si vedono più perché spesso chi espone un fatto inquina con la sua stessa presenza il racconto e la verità”.
Accendere i riflettori sulle periferie perché è lì che si è scritta e si scrive la storia d’Italia. Questo è il monito di Rino Giacalone, direttore del portale Alqamah, un sito di informazione che copre la provincia Trapani, terra che dà i natali all’ultimo boss latitante di mafia, Matteo Messina Denaro. “L’Italia è il paese delle trattative. Nel ’50 a Castelvetrano viene ritrovato il corpo di Salvatore Giuliano, la sua morte fu frutto di una trattativa tra Stato e mafia. L’Italia è il paese del patto tra boss e massoni, un esempio è la loggia Iside 2. L’ultimo evento delittuoso commesso da Cosa Nostra è stato l’assassinio di Giuseppe Montalto il 23 dicembre del 1995, ucciso per fare il ‘regalo di Natale’ a un boss detenuto al 41 bis”.
Secondo Giacalone, dal ’95 in poi la strategia di Matteo Messina Denaro è quella di inabissarsi al punto che la mafia si infiltra nelle istituzioni, nell’economia. “In più occasioni apparati dello Stato hanno scelto di stare dall’altra parte. La mafia decide di trasformarsi entrando fin dentro le Questure, le Prefetture, i Comuni e viene rintracciata attraverso le mazzette, la corruzione. In Italia il bavaglio nelle periferie c’è nonostante nel nostro Paese non sia passata la legge. Conosciamo nomi e cognomi di chi ha premuto il bottone dell’auto della strage di Pizzolungo nel 1985 ma sono stati tutti assolti in via definitiva dalla Cassazione. La solitudine dei giornalisti è la solitudine di Mauro Rostagno il cui assassinio ha delle similitudini con l’omicidio di Torre legate al fatto che la mafia stava cominciando a penetrare sempre di più nelle istituzioni. Dobbiamo lasciar perdere la comunicazione 2.0 e ritornare alla comunicazione penna e taccuino, camminare tra la gente, ascoltare il pensiero delle persone”.
L’evoluzione nei mezzi e nei metodi della comunicazione ha di fatto influenzato il racconto delle mafie. Per Toni Mira, caporedattore del quotidiano Avvenire: “Siamo sempre più schiavi del web, un’informazione che non è tale perché il più delle volte non verificata ma basata sul sentito dire. Abbiamo bisogno di raccontare la realtà e per far questo è necessario essere lì dove succede un fatto. Dire le cose come stanno ha un suo prezzo, molti colleghi vivono sotto scorta. La storia però sta cambiando, se le mafie sono forti c’è un’antimafia che è cresciuta, che è presente, che è viva. Don Luigi Ciotti, Libera, hanno ridato speranza, dignità, hanno ridato vita, attraverso la memoria, alle vittime innocenti delle mafie. Una grande vittoria è stata anche la Legge 109 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata dopo la stagione delle stragi. I ragazzi hanno bisogno di esempi concreti, credibili, e di cose da fare, di sporcarsi le mani. La risposta è nei fatti”.
Accorato e dal sapore amaro l’appello dell’attuale sindaco di Pagani, Salvatore Bottone, che nel suo discorso, riproposto anche dinanzi ai ragazzi delle scuole lunedì scorso, ha esordito dicendo: “Nella nostra città manca senso civico. C’è bisogno di insegnare il rispetto per le istituzioni e le forze dell’ordine. È triste sentire dei ragazzi inveire in malo modo contro amministratori e forze di polizia. Torre sognava una Pagani civile e libera e giovani come voi possono essere la svolta in questo senso ma c’è bisogno di lavorare alle radici. Per questo chiedo aiuto a voi, a Libera, per far sì che i ragazzi riscoprano il senso civico. Per far in modo che il sogno di Marcello Torre, lume e speranza per noi giovani in un periodo nero per l’Agro a ridosso del 1980, possa diventare realtà”.
Ed è proprio ai ragazzi degli istituti superiori della provincia di Salerno che don Luigi Ciotti, nel suo intervento, ha voluto sottolineare l’importanza di: “Guardare al rischio del nostro morire quotidiano, fatto di superficialità, indifferenza, delega, rassegnazione. Morire di senso, di significato. Dobbiamo scuotere le nostre agonie ed essere attenti all’altro, scuotere la nostra coscienza per dare vigore alla responsabilità”.
Sull’importanza di un’iniziativa come “Il Nuovo Piccolo Giornale”, don Ciotti ha precisato: “L’informazione o è libera o non è informazione. Non possiamo essere cortigiani o portaborse di qualcuno. Abbiamo bisogno di verità e questa chiama in gioco la nostra coscienza prima che la nostra intelligenza. La verità non può essere manipolazione o approssimazione. Bisogna scendere in profondità e non fare informazione di rumore ma un’informazione che attivi riflessione, senso critico”.
Molte le domande che gli studenti hanno posto al presidente di Libera che ha anche ascoltato il risultato di alcune inchieste che i ragazzi hanno condotto per “Il Nuovo Piccolo Giornale”.
“Non bisogna tacere! – li esorta don Ciotti -. L’omertà uccide le speranze. Il problema del nostro Paese non è solo chi fa il male ma anche chi guarda e lo lascia fare. La forza delle mafie sta in quanti permettono ai mafiosi di fare tutto ciò che fanno con la complicità di sistemi finanziari e bancari. Corruzione e mafia sono due facce della stessa medaglia. Non dobbiamo dimenticare gli onesti ma unire la forza delle persone perbene e ognuno fare la propria parte”.
A chi gli chiede dove trovi la forza di andare avanti nonostante le minacce di morte, don Luigi risponde: “Sento il desiderio di costruire sempre più un NOI, chi pensa di fare da solo è uno sciocco. La forza la trovo ogni giorno negli ultimi, nei giovani. Anche se la strada è in salita non dovete scoraggiarvi mai. C’è bisogno di continuità: di una sana testardaggine se l’obiettivo è giusto, positivo, importante; di condivisione: perché è il NOI che vince; di corresponsabilità: di essere disponibili a collaborare con le istituzioni pur chiedendo conto di quel che accade. Totò Riina in un’intercettazione disse che bisognava uccidere don Ciotti. Beh, possono uccidere una persona ma non un movimento fatto di tantissime persone”.
Fonte ilnuovopiccologiornale.it